Poi arrivò il Cavaliere azzurro, (chiamato papi dalle minorenni), con le sue televisioni commerciali, e lei si lasciò sedurre volentieri.
Siccome in questi giorni sui giornali non si parla d'altro che di Debito pubblico e di Pil, noi del bar, che su tali argomenti ci sentiamo del tutto impreparati, ci siamo rivolti agli intellettuali della compagnia, il prof. Asdrubale e frate Antonio da Bergamo, perchè mettessero in grado anche noi poveri sempliciotti, di capirne qualcosa.
Per una volta abbiamo accantonato le nostre discussioni sul calcio mercato e le donne e ci siamo messi diligentemente in ascolto dei due sapientoni.
Le spese che uno Stato sostiene, sono finanziate o con le riscossioni fiscali o con l'emissione di titoli di Stato, da far acquistare a qualcuno che fornisce così la necessaria liquidità.
L’ammontare dei titoli di Stato in circolazione non è altro che il Debito Pubblico e per attirare i capitali ed invogliare i privati o le banche a sottoscriverlo, è necessario su questo prestito, pagare un interesse.
Se i capitali raccolti tramite il Debito Pubblico vengono utilizzati dallo Stato per
- finanziare le spese spese correnti ordinarie, la situazione rischia di degenerare in poco tempo: spesi questi soldi non ci sono più le risorse per rimborsare il debito e pagare gli interessi, e lo Stato dovrà ricorrere alla formazione di un ulteriore debito e la spirale di interessi su interessi manderà in fallimento lo Stato.
Fallire significa dichiarare non validi i titoli di Stato, cioè rifiutare il loro rimborso.In questo caso lo Stato non troverà più nessuno, per alcune generazioni, che sia disposto a sottoscrivere nuovi titoli del Debito Pubblico.
- Se i prestiti vengono invece impiegati in investimenti strutturali, per esempio nella costruzione di strade, ferrovie, industrie, la capacità produttiva dello Stato aumenta, e con essa anche la produzione, quindi aumenteranno anche le entrate fiscali e tutto questo metterà in grado lo Stato di restituire sia il debito che gli interessi, restandogli magari ancora qualcosa in cassa.
È esattamente quello che abitualmente capita nell'economia privata delle famiglie.
In Italia, negli ultimi decenni i governi sono ricorsi sempre più frequentemente al prestito pubblico anche per finanziare, purtroppo, le spese ordinarie. Tali spese, che dovrebbero invece essere coperte dalle entrate ordinarie del fisco, sono state finanziate con l'emissione di nuovi titoli, che hanno accresciuto ovviamente l'ammontare del debito.
Quasi tutti gli economisti concordano sul dovere, per uno Stato, di non mantenere un Debito Pubblico elevato, che può risultare inflazionistico, ma noi sappiamo bene quanta inflazione abbia creato la Banca d’Italia stampando soldi per pagare il Debito Pubblico.
Tra tutte le critiche che sono state mosse all'euro forse l'unico vero vantaggio della introduzione di questa moneta unica europea consiste nell'indipendenza della Banca Centrale Europea dai governi dei singoli Stati e comportamenti così inflazionistici come quello attuato negli anni dal nostro Istituto bancario centrale non sono più possibili.
Per giudicare se la la situazione del debito di una Nazione sia o meno allarmante, più che il suo ammontare assoluto, occorre considerare la capacità di quella Nazione di provvedere sia al rimborso del valore nominale dei titoli che al pagamento degli interessi, e poiché i soldi necessari devono venire prelevati da ciò che una Nazione produce annualmente (cioè dal suo prodotto interno lordo o PIL) è quindi essenziale che si mantenga una certa proporzione fra il debito pubblico e il PIL.
Non esistono criteri fissi per stabilire tale proporzione; in effetti, oggi il Debito Pubblico raggiunge in tutti i Paesi percentuali elevate del PIL, fino ad oltre il 100%, e tale situazione può essere sostenuta in quanto i titoli del Debito Pubblico hanno scadenze molto lunghe o possono venire rimborsati alla scadenza naturale emettendo nuovi titoli, cioè contraendo nuovi debiti che sostituiscano quelli estinti.
E’ ovvio che un simile meccanismo consente di trasferire, di fatto, l'onere del debito alle generazioni future (purtroppo noi addossiamo ai nostri figli e nipoti il fatto di aver voluto vivere al di sopra delle nostre possibilità economiche).
Oggi i mezzi finanziari che servono per rimborsare il Debito Pubblico e i relativi interessi rappresentano una proporzione rilevante del bilancio di un Paese, e dato che il denaro per l'estinzione del Debito Pubblico viene raccolto principalmente attraverso la tassazione, l'ammontare del Debito Pubblico è un fattore importante per la determinazione del prelievo fiscale sul reddito prodotto da un paese (più alto è il debito pubblico di un Paese e più alte saranno le tasse di quel Paese,perchè oltre alle spese ordinarie c'è da rimborsare anche il Debito e gli interessi sul debito)
Il PIL è un indicatore molto improprio, chiamato anche metro del benessere di una Nazione, ed è basato esclusivamente sull’ammontare delle transazioni economiche che avvengono in un determinato Paese. E’ un indicatore improprio in quanto accanto alle transazioni economiche creatrici di ricchezza (quali il reddito pro-capite, l’allungamento della speranza di vita e quindi l'andata in pensione più in là negli anni, le scoperte e i ritrovati della scienza e della tecnologia,un maggior tasso di alfabetismo e di scolarizzazione, la costruzione di strade,industrie, attività commerciali e di servizi, infrastrutture, etc.), esistono anche delle transazioni economiche derivanti da situazioni di malessere sociale (si pensi alle spese sostenute per disinquinare l’ambiente, per la lotta alle malattie derivanti da disastri ecologici, alle spese per combattere la mafia e la criminalità, a quelle per le controversie giudiziarie, per le separazioni coniugali e i divorzi. Tutte queste spese sono sintomi di un danno per l'ambiente e per la società, e non solo non aumentano la ricchezza di una Nazione, ma contribuiscono ad impoverirla).
Molti economisti suggeriscono il superamento del concetto di PIL, ma ad oggi, pur con le sue imperfezioni, è l’indicatore più accettato nell’ economia mondiale.
Un pò di Storia sul debito pubblico italiano .
Dopo la Seconda guerra mondiale, ci fu in Italia una fase di stabilizzazione, caratterizzata da una politica di bilancio austera che fece scendere il Debito Pubblico al di sotto del 50% del PIL.
Il debito ricominciò a crescere negli anni Sessanta per effetto della politica volta a stimolare lo sviluppo economico per mezzo degli investimenti pubblici, ( politica che fu una delle cause determinanti del cosiddetto "miracolo economico italiano").
Negli anni Settanta il forte rallentamento della produzione e l'inflazione a due cifre accelerarono nuovamente la crescita del rapporto fra debito e PIL.
Verso la fine degli anni Ottanta varie cause portarono ad una nuova incontrollata crescita del debito, fino a raggiungere il 125% del PIL.
Il rapporto tra deficit e Pil
Dal punto di vista economico è anche molto significativo osservare la relazione fra il disavanzo di bilancio (ossia l'ammontare delle spese non coperte da entrate fiscali o deficit) e il PIL.
Nel 1994 questo rapporto superava il 10% (contro il 3% massimo richiesto dal trattato di Maastricht come requisito di ammissione all'Unione Monetaria Europea). L'energica politica di contenimento della spesa e di incremento delle entrate perseguita a partire dal 1994 (la famosa “tassa sull’Europa”) è riuscita a riportare il suddetto rapporto nei limiti richiesti dal trattato.
Sono due gli indici che il buon governo di una Nazione deve tenere sotto controllo;
1) Il rapporto fra il Debito Pubblico e il PIL.
L’Europa chiede agli Stati membri che l'ammontare ideale del Debito Pubblico non superi il 60% del rapporto con il PIL (cioè, se è fatto pari a 100 ciò che produce annualmente l’Italia come ricchezza, i titoli del Debito Pubblico in circolazione non devono superare l'ammontare di 60).
Ad inizio 2009 l’Italia era al 106%, ed è chiaro che il rientro dell'ingente Debito Pubblico, ossia la sua riduzione verso il livello considerato accettabile del 60% del PIL, non potrà che avvenire lentamente e molto gradualmente negli anni.
Ma purtroppo in questi giorni, anche se il Cavaliere azzurro al governo nega tale circostanza, il Debito Pubblico ha ricominciato a salire ed ha raggiuntro l'altezza considerevole del 117%.
Ciò vuol dire che le nostre Autorità spendono sempre più di quanto incassano , e per spese non strutturali, cioè che non accrescono la ricchezza dell'Italia.
E' quindi ipotizzabile che, con questo andazzo, a breve la luna di miele tra la principessina Italia e il cavaliere azzurro, che aveva fatto tante promesse mirabolanti che non ha saputo mantenere si stia avviando verso una fase di stanca se non di rigetto.
2) Il rapporto fra il disavanzo di bilancio (deficit) e il PIL
L’Europa chiede agli Stati membri che l'ammontare delle spese non coperte da entrate fiscali o deficit non superi il 3% del rapporto con il PIL (cioè, se viene fatto pari a 100 ciò che produce annualmente l’Italia come ricchezza, si possono programmare spese non coperte da entrate, cioè in disavanzo, fino a 3 e non di più).
In altre parole, se il PIL italiano è uguale a 150 miliardi di euro, si possono effettuare spese non coperte da imposte fino a un massimo di 3*150miliardi)/100 = 4, 5 miliardi di euro.
Attualmente l’Italia è al 5,3%, con tendenza al superamento anche di tale soglia già allarmante.
E tuttavia, speriamo in bene.
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