26 aprile 2011

73.1) Invece di lasciar marcire gli edifici pubblici abbandonati, teniamoli almeno parzialmente in efficienza. Ci potrebbero far comodo.

Invece di lasciar marcire gli edifici pubblici abbandonati, teniamoli almeno parzialmente in efficienza.
Ci potrebbero far comodo.



Che io sappia, nella mia città ci sono almeno 5 caserme abbandonate all’incuria del tempo, ma potrebbero essere anche di più, e in provincia ce ne saranno altrettante, oltre a un carcere ed altre costruzioni ormai svuotate e in disuso, lasciate in stato di completo abbandono.
Ai tempi d’oro in questi luoghi si potevano contare forse un migliaio di soldati e qualche centinaio di detenuti.

C’erano camerate, saloni , cortili, mense e refettori, oltre a spazi per i laboratori e le officine di riparazione per gli automezzi militari o per i laboratori di falegnameria, di sartoria, di tipografia nei quali si tenevano occupati i carcerati.
E’ una pena, passandoci accanto, vedere questi luoghi una volta pieni di animazione e di rumori, ormai abbandonati e con i muri scrostati e fatiscenti.
Oltre tutto è anche uno spreco di risorse, come se non ci fossero più al giorno d’oggi necessità sociali, ma tutti vivessero nell’abbondanza.
Invece i tempi in cui viviamo esigono che non si sprechi nulla di quanto già esiste, ma che lo si metta a disposizione dei nuovi bisogni e delle nuove necessità.

Ad esempio, se si desse alla Caritas o alla Protezione Civile il compito e i mezzi economici per riadattare e rimettere a posto almeno parzialmente queste costruzioni abbandonate, quanti bisogni di quante persone si potrrebero soddisfare!
Se in ogni caserma si rimettesse in ordine, che so, anche solo un’ala dell’edificio, qualche camerata con relativi servizi igienici e docce, la mensa e qualche salone di ritrovo comune, anche per utilizzo religioso, oltre a qualche laboratorio e ai cortili interni, pensate a quante persone si potrebbe dare una sistemazione, certamente provvisoria ma decorosa.
Parlo qui di persone immigrate dai Paesi nordafricani in fuga dalla guerra o in cerca dui posti di lavoro.

Se ognuna delle cento provincie italiane si fosse attrezzata in questo modo per dare ospitalità a 70 (settanta) persone, oggi settemila persone sbarcate a Lampedusa sarebbero sistemate non in campi profughi recintati per impedire la fuga, ma in condizioni di grande civiltà e decoro degne di un Paese civile come l’Italia.
Inoltre, a parte i profughi ai quali non tutti purtropppo riconoscono il diritto di vivere tra di noi, la sistemazione di alcuni edifici pubblici potrebbe consentire, in caso di calamità naturali, frane, terremoti o incendi di poter disporre di posti di emergenza in buon numero, senza dover improvvisare interventi magari sbagliati, costosi o pasticciati.



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