24 giugno 2011

115.1) Ergastolo senza sentenza ne colpa.

Ergastolo senza sentenza ne colpa.
Quando si dice la stupidità e l'ingiustizia delle barriere architettoniche.
E si che oggi tocca a me, domani può toccare a te, a chiunque. 



Frate Antonio da Bergamo , nell’espletare le sue attività religiose, si è recato qualche giorno addietro a casa del sig. Xy, un invalido, che gli si era  dichiarato per telefono: “condannato all’ergastolo senza sentenza”.

Giunto davanti all’ingresso del condominio, visto lo sguardo interrogativo del custode, lo prevenne dicendo che doveva recarsi a far visita al sig. Xy.
- Quinto piano. – risposta secca e con tono annoiato.
L’ingresso del condominio, risalente agli anni ’60, era spazioso, con una rampa di sei scalini che portava ad un sopralzo dove c’erano  la guardiola del portinaio e l’ascensore, un vecchio Stigler-Otis con una porta scorrevole di soli 60 cm. e con portata massima di 4 persone.

Arrivato al quinto piano e suonato il campanello , dopo poco venne ad aprire una vecchietta curva e rimpicciolita a causa dell’artrite.
-Prego Padre, si accomodi , io sono la mamma.-
Frate Antonio seguì la vecchietta attraverso il corridoio di una stanza, e su una poltrona posta vicino alla finestra, intravide l’autore della richiesta telefonica di visita, il sig. Xy.
La stanza era di dimensioni 4x3, con un letto e una poltrona, e una sedia a rotelle accanto alla poltrona.
Alle pareti , manifesti di auto da corsa di F1.
Dalla finestra si godeva una bella visuale e lo sguardo poteva spaziare verso la periferia della città.
La vecchietta arrivò con un’ altra sedia che mise proprio davanti alla poltrona: il sig. Xy, dopo avergli stretto la mano invitò Frate Antonio ad accomodarsi.
Di Xy si poteva scorgere soltanto il viso, un braccio e parte del torace; il resto era nascosto da una coperta a quadri.
Di età indefinita, calvo, con spessi occhiali da miope, accompagnava il proprio parlare con calmi gesti della mano e del braccio destri, una mano bianca estremamente fragile, per cui il frate aveva quasi avuto timore a stringerla. 

“ La ringrazio di essersi scomodato, e di essere venuto a farmi visita”.
“Rientra nei miei doveri di religioso il far visita agli ammalati, signor Xy, ma non le nascondo l’estrema curiosità che mi ha portato qui da lei. 
Mi faccia capire però: lei mi ha detto per telefono di essere stato condannato all’ergastolo senza alcuna colpa e senza alcuna sentenza di colpevolezza, e che deve scontare la pena in questa stanza, in questo appartamento". 

“E’ vero, 30 anni fa sono stato vittima incolpevole di un grave incidente automobilistico che mi ha leso la colonna vertebrale, rendendomi gravemente invalido; non posso camminare e ho l’uso solo del braccio e della mano destra.
Dopo essere stato in vari ospedali e centri di riabilitazione, sono tornato qui nella mia casa assieme a mia madre rimasta vedova, e in questo appartamento devo scontare la mia pena peggio di un ergastolano.
Infatti in questo vecchio condominio l’ascensore non consente il passaggio di una sedia a rotelle, ma se anche riuscissi ad arrivare nell’atrio del palazzo, lì ci sono altri gradini, e chi mi può aiutare?
Mia madre è anziana e corrosa dall’artrite, e il portinaio non vuole assumersi responsabilità.
Il risultato è che io sono condannato a vita in questa stanza, al più posso arrivare in cucina o in bagno.

 Ho visto  in televisione che i condannati all’ergastolo hanno delle belle celle, hanno dei laboratori dove svolgono delle attività o sviluppano i loro hobbies, hanno campi da gioco, e persino dei piccoli giardini da coltivare per chi lo vuole.
Solamente quelli condannati al carcere duro, devono "prendere l’aria "da soli, e rimanere isolati. 
Come me! 
Con la differenza che io non ho commesso alcun reato, nessuna sentenza è stata emessa nei miei confronti, e tuttavia io devo fare  vita da ergastolano, non potendomi muovere da questa stanza.
Certo, potrei chiedere di essere ricoverato in un Hospice, ma dovrei abbandonare mia madre .
So che vi sono  le leggi contro le barriere architettoniche, ma perché  ciò nonostante, io sono costretto in questa stanza?"

 Il mio amico frate Antonio non sapeva che replicare e si attenne a frasi vaghe sulla virtù della sopportazione , perché capiva che in buona sostanza qualsiasi cosa avesse detto sarebbe risultata inutile di fronte all’evidenza delle ragioni del suo interlocutore.
Sceso in strada , sulla via del rientro, gli venne spontaneo, al mio amico frate Antonio , di chiedersi quanti ergastolani vivessero in città come il signor Xy, e in Provincia e nella Nazione?
E quanti palazzi-condominio- prigione erano diventati l’ergastolo per tanti portatori di handicap?

Domande alle quali non era delegato personalmente a rispondere, ma che avrebbe volentieri girato a certi architetti, a certi portinai sfaccendati, a certi amministratori di condominio che antepongono l’estetica del palazzo e gli interessi capricciosi dei loro inquilini più danarosi a quelli dei più bisognosi.

Eppure, si disse, ognuno di noi dovrebbe capire che la ruota della vita  gira inesorabilmente per tutti.
Oggi è capitato a me , domani può capitare a chiunque di noi di  aver bisogno di usufruire di un acensore capiente o di uno scivolo per carrozzelle nell’atrio del palazzo,  anche a scapito dell’estetica di levigati gradini in granito o in marmo di Carrara.
Ma quando mai lo capiremo?

P.S. liberamente tratto e adattato dal periodico "Oltre le barriere" edito da Unione Invalidi Civili di Bergamo, che qui si ringrazia.


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