19 agosto 2011

143.1) Giustizia sportiva davanti alla Caf. Ma che processo è….?

Giustizia sportiva davanti alla Caf. : Ma che processo è….?





In questi giorni si sta celebrando il secondo turno del processo denominato “ calcio scommesse” davanti alla Caf, la Corte Federale Sportiva.
Le modalità  di celebrazione di questo processo sono davvero singolari e dettate dall'esigenza di far presto.
I difensori degli imputati hanno 5 minuti di tempo a testa per difendere i loro assistiti. 
La società di calcio Atalanta si trova ad avere incriminati i suoi giocatori Doni e Manfredini, oltre ad essere incriminata essa stessa.
Quindi tre avvocati, ognuno dei quali parlerà per 5 minuti. 
Cosa può dire un avvocato in cinque minuti?
“ Signori della corte, Vi raccomando di non commettere alcuna ingiustizia nei confronti del mio assistito.  Egli è innocente ed è stato portato in questo processo per sentito dire o perché alcuni suoi colleghi calciatori hanno fatto, per millanteria o  per vanteria di conoscenza, il suo nome.
Ma io vi assicuro che egli è completamente innocente e contro di lui non è stata  trovata alcuna prova plausibile.
Ebbene, o giudici della Corte Federale, io Vi chiedo: siate clementi”.

Forse qualche avvocato più bravo del normale, oltre a questo riuscirà a dire altre cose, ma certamente poche e più o meno dello stesso tenore.
Non riuscirà di certo a riassumere in così poco tempo tutte le circostanze e le testimonianze a favore del suo assistito.

E d’altronde, lo stesso Pubblico Ministero , nella sua introduzione al processo. ha ricordato alla Corte e agli stessi avvocati difensori che nel processo sportivo “ il fatto che non vi sia una prova specifica del contatto , non significa che il contatto non via sia stato”.
Ah!, si, è proprio una bella frase, è proprio una bella giustizia quella che si basa su un simile concetto, che parafrasato, potrebbe suonare così:
“il fatto che una persona non sia stata vista a rubare, non significa che quella persona non abbia rubato”. 
Oppure “il fatto che una persona non sia stata vista a compiere un reato, non significa che quella persona non abbia commesso quel reato”

Con argomentazioni e concetti simili un qualsiasi regime dittatoriale potrebbe mandare in galera milioni di persone.

Speriamo solo che i giudici, pur animati da una certa fretta di far presto, e di terminare in poco tempo il processo, non si dimentichino di essere lì per esercitare la giustizia, e non l’ingiustizia.
Se ci sono prove si condanni, altrimenti si assolva.
E questa regola deve valere non solo nei processi più o meno sportivi, ma nella vita di ogni giorno.



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