Semplici omuncoli che non sono nessuno e si credono chissà chi.
Ci sono persone che si credono "dio in terra"e se ne vengono fuori con idee balorde.
Ci sono persone che si credono "dio in terra"e se ne vengono fuori con idee balorde.
Una di queste è il preside della scuola di Rozzano che ha
proibito la celebrazione del Natale nella sua scuola, per non
suscitare la rabbiosa reazione dei terroristi dopo gli avvenimenti di Parigi.
“-E’ una la polemica che rischia di gettare benzina sul fuoco e non è stata innescata da noi ma solamente dal preside ”,- dicono
alcuni genitori musulmani i cui figli frequentano la scuola, .-“perché
costui, con una faciloneria da persona sprovveduta, identifica il terrorismo con la religione musulmana”.
“- Anzi noi genitori siamo dell’idea che l’integrazione multiculturale passi anche
attraverso i canti di Natale e il crocefisso a scuola.
A noi e ai nostri figli queste consuetudini non danno certo fastidio.
Chi siamo noi musulmani per dire che cosa si può o non si può fare nella scuola italiana?
Noi siamo ospiti in questo Paese.
È chiaro che ognuno professa la propria religione, ma non devono esserci contrapposizioni.
Ci auguriamo che l’opinione pubblica capisca che la decisione del preside NON arriva da una richiesta dei genitori musulmani ma da una sua iniziativa personale”-
A noi e ai nostri figli queste consuetudini non danno certo fastidio.
Chi siamo noi musulmani per dire che cosa si può o non si può fare nella scuola italiana?
Noi siamo ospiti in questo Paese.
È chiaro che ognuno professa la propria religione, ma non devono esserci contrapposizioni.
Ci auguriamo che l’opinione pubblica capisca che la decisione del preside NON arriva da una richiesta dei genitori musulmani ma da una sua iniziativa personale”-
Dunque siamo di fronte a un preside che, non essendo nessuno , ha voluto avere il suo momento
di gloria e celebrità, mostrandosi più papista del papa.
Solo che c’è una celebrità positiva e una negativa, e la sua
è del secondo tipo , addirittura molto simile all'imbecillità.
Un altro che si crede più importante di quello che è in realtà, è il ministro del lavoro Poletti.
Ieri in un convegno se ne è venuto fuori con la bella idea
che il lavoro non deve più essere retribuito a ore, o a giornata o a a cadenza quindicinale
o mensile, come da tempo immemore siamo abituati a considerarlo, ma a ……..
Ma a … non lo sa nemmeno lui.
Forse secondo il ministro bisognerà accettare di essere
sempre reperibili, di dover lavorare sempre e ovunque, di essere a disposizione del datore
di lavoro 24 ore su 24, di starsene collegati via internet alle esigenze della ditta anche nel cosiddetto
tempo libero, standosene in casa propria, magari in pigiama…., ma sempre all'erta!
Però questo può valere
solo per certe tipologie di lavoro, quali
il giornalista, l’agente di
commercio, il direttore di banca, cioè
lavori basati su prestazioni intellettuali nei quali conta il risultato, non il tempo impiegato
per ottenerlo.
Restano quindi moltissimi i lavori dove non si può misurare
soltanto il risultato, perché il lavoratore è un semplice anello di una catena lunga e
complessa e l’unico modo equo di misurare la sua prestazione è il
tempo ad essa dedicato.
Si tratta di solito dei lavori a minore valore aggiunto, quelli
che comportano basse qualifiche e bassi stipendi.
Sono, insomma, i lavoratori più deboli che hanno bisogno di essere pagati in base al tempo e non in base ai risultati.
Questo vale per gli impiegati pubblici, per gli operatori ecologici, per tutti i lavori su turni, e per quelli usuranti, dove ogni minuto pesa come un’ora.
Sono, insomma, i lavoratori più deboli che hanno bisogno di essere pagati in base al tempo e non in base ai risultati.
Questo vale per gli impiegati pubblici, per gli operatori ecologici, per tutti i lavori su turni, e per quelli usuranti, dove ogni minuto pesa come un’ora.
Insomma il Poletti,
da un giorno all'altro butta nel
cestino della carta straccia tutte le idee dei vari economisti degli ultimi
duecento anni, dal Keynes a Marx a Leicester, dal Sachs al Grosmann, per sostituirle con…niente, cioè con un semplice
e vago senso della necessità di dover cambiare.
Ma prima di abbattere
o distruggere usi, consuetudini e norme consolidate da esperienze secolari maturate sulle
spalle di milioni e miliardi di esseri umani che le hanno praticate o subite , bisognerebbe sapere con
che cosa le si sostituirà, altrimenti è solo un " vagheggiar di mente… debole" in cerca di
notorietà.
E la notorietà non sempre è garanzia di intelligenza, perché a volte, come abbiamo visto, può rasentare l’imbecillità.
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