28 dicembre 2008
109) Israeliani e Palestinesi. Certo che gli Israeliani sanno come fare per rendersi odiosi.
Israeliani e Palestinesi. Certo che gli Israeliani sanno come fare per rendersi odiosi.
Israeli and Palestinian. Certainly that the Israelis know whether to do for becoming hateful.
Natale 2008 , terra di Palestina, culla di religioni, e terra di speranza in un mondo migliore.
Dopo che un razzo, sparato da miliziani palestinesi di Gaza è caduto su una casa uccidendo due sorelline israeliane di 5 e 13 anni, , Israele ha sferrato una nuova dura offensiva contro i territori palestinesi, e il bilancio provvisorio di oggi parla di 225 morti.
Questa ritorsione militare può essere definita tremenda, sanguinaria, e sproporzionata?
Io penso di si,: probabilmente saranno stati uccisi alcuni dei miliziani colpevoli , ma numerosissimi sono stati anche i civili e gli innocenti colpiti.
Ma perché palestinesi e israeliani si combattono?
Sul conflitto tra palestinesi e israeliani ho voluto saperne di più.
Ho fatto delle ricerche su Internet per cercare di capire le ragioni degli uni e degli altri. e dopo aver navigato in tanti siti sull’argomento, ho buttato giù alcuni appunti che, almeno in parte, mi hanno chiarito le idee.
Due “nuove” vecchie nazioni: Israele e Palestina
Entrambi i popoli – quello israeliano e quello palestinese -da millenni rivendicano il diritto di abitare sullo stesso territorio per diritto diciamo così di “anzianità”.
Per risarcire i danni fisici e morali subiti dagli ebrei nell’ultimo conflitto mondiale, la comunità internazionale attraverso una risoluzione dell’ONU del 1947 sancì la nascita politica dello stato di Israele, creandolo ex novo sulla cartina geografica del medio oriente ed insediandolo, di fatto, in territori sino ad allora occupati da popolazione palestinese, obbligando quest’ultima a ritirarsi in un’area geografica più piccola.
Questo ed altri fatti hanno creato un’ostilità permanente tra i due popoli costretti così a convivere, e per decenni, le controversie si tramutarono in vere guerre tra Israele e le nazioni confinanti (Egitto, Giordania, Libano e Siria), con reciproci atti di terrorismo. Concluse le "paci fredde" con Egitto (1978) e Giordania (1994), ritirate le truppe dalla "fascia di sicurezza" in Libano (giugno 2000), e in attesa di risolvere il contenzioso per la restituzione delle alture del Golan alla Siria, Israele si ritrova, 62 anni dopo la nascita, ad affrontare lo stesso problema di allora: vivere in pace, fianco a fianco, con uno Stato della Palestina riconosciuto internazionalmente.
Dopo numerosi fallimenti di vertici, finalmente nel 1993 venne concordato ad Oslo un trattato internazionale che sanciva i confini geografici dei due Paesi e cercava di dettare delle norme transitorie per i raggiungimento graduale della effettiva indipendenza storica e politica di Israele e Palestina.
Ad Israele veniva riconosciuto il diritto di annettersi parte dei territori conquistati con le varie guerre e di superare così i confini stabiliti nel 1947 dall’ONU.
La Palestina diventava uno stato indipendente situato fisicamente sui territori dell’ex Cisgiordania e della Striscia di Gaza.
Mancato rispetto dei patti di Oslo del 1993
Purtroppo, da allora ad oggi , questi patti non sono mai stati rispettati.
Mentre per i contrasti relativi all’importanza dei luoghi religiosi di Gerusalemme, prima o poi si troverà una soluzione, i problemi fondamentali da risolvere sono gli insediamenti israeliani nei territori occupati.
All’interno dello Stato della Palestina (nella ex Cisgiordania )vivono oggi circa 200.000 coloni israeliani in 232 insediamenti, o colonie, o villaggi, o paesi; a queste colonie vanno aggiunte quelle costruite intorno a Gerusalemme ("espansione dei quartieri israeliani"), che contano circa 180.000 abitanti. In questi “Territori occupati” gli israeliani, dal 1993 ad oggi, hanno costruito 2.830 case o vani alloggio ed altri 3.500 nuovi cantieri sono attualmente aperti in Cisgiordania
La costruzione di strade per collegare tra loro i vari insediamenti ha portato alla distruzione di un migliaio di case palestinesi.
Pattuglie di soldati israeliani vigilano, in territorio palestinese, sulle vie di comunicazione, fermando i palestinesi e controllando loro i documenti ad ogni incrocio.
L’edificazione intensiva di colonie israeliane nel territorio assegnato alla Palestina e i progetti di nuovi insediamenti preparati negli ultimi anni sono stati disegnati per produrre dei “fatti compiuti” che portino verso un “insediamento permanente”.
Israele occupa per rimanere, quindi oltre a stabilire nuovi insediamenti (in teoria agricoli ma con funzioni soprattutto militari), si appropria delle principali fonti di reddito economico dei palestinesi: la terra e l'acqua.
Solo una piccola parte della terra occupata dagli insediamenti israeliani in territorio palestinese è utilizzata per fini agricoli o rurali.
I palestinesi hanno presentato diverse petizioni al Tribunale supremo di giustizia di Israele, opponendosi all'espansione, ma senza esito.
Lo scopo finale di Israele è quello di modificare lo stato della Palestina (composto da Cisgiordania e striscia di Gaza) previsto dal trattato di Oslo del 1993, in uno Stato palestinese formato da quattro regioni o cantoni slegati tra loro, ognuno dei quali completamente circondato da insediamenti o colonie israeliane. Per passare da una regione all’altra della Palestina, gli abitanti e le merci palestinesi dovrebbero così superare diversi blocchi o controlli militari israeliani.
Dal suo punto di vista, Israele vuole che il territorio utilmente agricolo della Cisgiordania e le risorse vitali (soprattutto le sorgenti d’acqua) restino sotto il proprio controllo, mentre la popolazione, che dovrebbe essere amministrata da un governo palestinese, che si spera corrotto, compiacente e clientelare, sarebbe costretta a vivere nei luoghi meno fertili della Palestina.
Ad oggi, nella ex Cisgiordania, Israele ha confiscato il 52% del territorio ed ha costituito ben 202 colonie o villaggi abitati da 190.000 israeliani, e controlla i 5/6 delle risorse idriche (su 41mila pozzi ben 32mila sono in mano ai coloni israeliani).
Nell’altra parte della Palestina (la Striscia di Gaza)ora restituita interamente ai palestinesi, Israele aveva confiscato il 32% del territorio ed erano state costituite 30 colonie (villaggi) abitate in tutto da 3.000 persone: il che significa che 3.000 israeliani abitavano il 32% del territorio, mentre circa 700.000 palestinesi vivevano nel rimanente 68% .
Israele ha distrutto, dal '67 fino ad oggi, più di 24.000 case palestinesi come punizione collettiva, e questo in aggiunta alla distruzione delle città e dei villaggi avvenuta durante le varie guerre. (Dal '48 al '74 ha distrutto 385 villaggi su 475 e soltanto nella città di Ebron dal '67 ad oggi sono stati distrutti da incendi dolosi 750 negozi gestiti da palestinesi).
Come si vive oggi nei territori della Palestina occupati dagli israeliani?
I cittadini palestinesi devono sottostare, nella loro patria, alle ordinanze militari israeliane che riguardano tutti gli aspetti della vita dei territori occupati: scuole, terre, imposte, ecc. Per quanto riguarda la rete elettrica: dal '67 fino ad oggi, Israele ha cercato di collegare l'elettricità' palestinese dei territori occupati alla rete elettrica israeliana in modo da costringere tutta la popolazione a pagare la bolletta ad Israele, negando ogni possibilità di una reale autonomia in questo settore.
Per quanto riguarda il settore dell'acqua: ogni palestinese può consumare al massimo 35 mc. di acqua all'anno, se ne consuma di più paga una multa pari a tre mesi di stipendio.
All'interno dei territori occupati esistono diverse carceri di cui quattro minorili, per ragazzi dagli 8 ai 18 anni. Nelle le carceri israeliane dal '67 ad oggi sono passati 250.000 palestinesi, in pratica 33 persone al giorno, e passare per le carceri non significa sostarvi per pochi giorni, a volte vuol dire rimanerci per più anni.
Scuole e università: secondo le statistiche, nella striscia di Gaza si contano 35 scuole statali e parastatali, in Cisgiordania 755; in tutto vi sono 7.200 insegnanti il cui stipendio è meno di 230 euro al mese. Va tenuto però presente che il costo della vita nei territori occupati è quasi pari a quello italiano. All'interno dei territori occupati ci sono circa 250.000 studenti palestinesi; di questi 14.000 sostengono ogni anno gli esami di maturità.
Israele contro le scuole palestinesi segue una politica che si articola in questi 6 punti:
1) modifica dei programmi scolastici ed eliminazione di una parte di questi, in particolar modo di tutto ciò che riguarda l'argomento della Palestina storica e geografica, dei suoi usi e costumi, etc.
2) intervento diretto delle autorità militari negli affari dell' istruzione e specialmente nelle università che dovrebbero invece godere di una certa libertà accademica.
Per iscriversi all'università' bisogna che l'amministrazione militare accetti la domanda. Il sistema di controllo non riguarda soltanto gli studenti ma anche i professori, che hanno un contratto annuale e possono essere cacciati dal governatore militare in qualsiasi momento, e questo riguarda anche i professori stranieri.
3) divieto di editare, pubblicare e diffondere un elenco di libri. I testi censurati sono più di 5.500 e riguardano praticamente l'intero scibile umano.
4) chiusura delle scuole e delle università con vari pretesti di sicurezza, in particolar modo nel periodo degli esami, per far ripetere l'anno agli studenti.
5) controllo amministrativo continuo e asfissiante di studenti, insegnanti e professori universitari.
6) incuria e degrado degli edifici scolastici.
Per quanto riguarda l'aspetto sanitario, Israele, riserva ai territori occupati solo il 2% del suo bilancio sanitario nazionale sebbene gli abitanti di queste zone siano più del 25% della popolazione dell'intera Palestina. Va considerato, inoltre, che il popolo palestinese è tenuto a pagare tutte le prestazioni sanitarie. Una delle dirette conseguenze di questa situazione di incuria sanitaria, porta al fatto che tra la popolazione palestinese il tasso di mortalità neonatale è pari al doppio di quello israeliano (37 per mille contro il 14).. Gli israeliani spendono, per il solo ospedale di Tel Aviv tre volte di più di quanto spendono per tutta l'assistenza sanitaria nei territori occupati nella Cisgiordania.
Israele, inoltre dal '67 ad oggi, ha chiuso in Palestina molti ospedali ed ambulatori , trasformandoli in sedi dell'amministrazione militare ed anche per questo il numero dei posti letto nei territori occupati invece di aumentare è diminuito
Per quanto riguarda la situazione economica: Israele ha usato i territori occupati come un mercato per i suoi prodotti; infatti la Cisgiordania e la striscia di Gaza occupano, in percentuale, il secondo posto, dopo gli Stati Uniti, per quanto riguarda i rapporti commerciali con Israele, naturalmente se si esclude il commercio di armi.
La Palestina è priva completamente di una struttura economica degna di tale nome, poiché Israele non permette agli abitanti di questi territori di intraprendere alcun tipo di attività industriale autonoma.
Invece viene favorita la costruzione di piccole fabbriche israeliane all'interno delle colonie nei territori occupati, coprendo tutto il mercato palestinese con merci israeliane. Parallelamente vengono emesse ordinanze e leggi che vietano l'esportazione delle merci palestinesi al di fuori dei territori occupati.
Israele non dando la possibilità ai palestinesi di creare delle fabbriche o delle strutture economiche nei loro territori, li costringe ad andare a lavorare nelle fabbriche israeliane. Quindi la manodopera palestinese viene usata in tutte le fabbriche ed aziende israeliane come manodopera a basso costo, con pochissime tutele e con garanzie sindacali inesistenti.
Non c'è nessun futuro per questi lavoratori palestinesi, che possono essere cacciati in qualsiasi momento.
Una larga parte dei palestinesi di Gaza e Cisgiordania sono disoccupati; in particolare l’80% dei laureati non trova lavoro. Il reddito del lavoratore palestinese in Cisgiordania arriva a quasi 1100 euro annui mentre nella striscia di Gaza è di circa 750 euro; ci si può immaginare in che condizioni si possa vivere con salari simili.
Ed infatti il gruppo politico Hamas, che rivendica l’eliminazione fisica di Israele,ha buon gioco nell’accaparrarsi le simpatie della popolazione diffondendo tra di essa degli aiuti monetari ed economici supplementari.
Ma Israele questo non lo capisce, e pensa che tenendo soggiogata la popolazione con delle paghe da fame, questa gli sia riconoscente.
Israele fa pagare alla popolazione dei territori occupati delle tasse: quindi il palestinese paga addirittura la tassa di occupazione per vivere nella sua patria.
Fino ad oggi i territori occupati hanno rappresentato per Israele una fonte da utilizzare per ricavarne grossi guadagni, spendendovi pochissimo.
Ecco, dopo queste ricerche che ho fatto su internet riguardanti l'argomento Israele-Palestina, adesso ne capisco un poco di più e di certo leggerò con meno apatia le notizie provenienti dal Medio oriente, augurandomi che una pace vera e duratura, fatta di buon senso e di tolleranza reciproca raggiunga finalmente le popolazioni di quei luoghi così fondamentali per tutta l’umanità.
E che soprattutto si smetta di costruire quel maledetto muro che tra l'altro gli israeliani costruiscono al di là del confine loro assegnato, su territorio palestinese, perchè di muri, antichi, recenti e futuri, l'umanità ne ha piena l'anima.
P.s.
Si sarà capito da questi appunti che la mia simpatia va più al popolo palestinese che a quello israeliano.
Non c'entra qui l' essere ebreo o antiebreo.
C'è uno Stato, Israele, governato da una classe politica arrogante e superba, che tratta le popolazioni ad esso confinanti con supponenza e ingiustizia, rubando loro territorio e risorse idriche, e vessandole con atti da stato di polizia.
La mia simpatia, come è giusto, va più a Davide che a Golia.
E il gigante Golia si accorgerà che se vuole vivere in pace deve lasciar vivere anche il piccolo Davide.
Vi prego di leggere anche per completezza di informazione
Un racconto di Shimon Peres attuale Presidente dello Stato di sraele, ex primo ministro israeliano, leader di partito e alcuni anni fa premio Nobel per la Pace e per dimostrare che anche tra gli israeliani c'è chi desidera la pace e l'amicizia tra i due popoli.
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