11 febbraio 2009

159) Come mai i giudici non mi danno ragione? Semplice, perché non è capitato a loro di essere aggrediti in casa propria.




Come mai i giudici non mi danno ragione? Semplice, perché non è capitato a loro di essere aggrediti in casa propria.
why don't the judges agree with me? Simple, because it has not happened to them to be attacked to their house

Tre sere fa, una sera qualsiasi del febbraio 2009.
Siamo in casa, io, mia moglie e i miei due figli adolescenti.
Siamo in pigiama, in sala e guardiamo il telegiornale.
Improvvisamente la porta a vetri viene sfondata, entrano tre malviventi con le armi in pugno, mi prendono, picchiano mia moglie e i miei figli, gridano in un italiano stentato che vogliono i soldi, soldi, dare loro i soldi, altrimenti ammazzare tutti.
Ci strappano le catenine dal collo, gli orologi, ci frugano per prenderci i telefonini, ci mettono le mani addosso.


Tento di reagire, mi picchiano a sangue. Consegno la chiave della cassaforte a muro, la aprono, rubano e scappano.
Con la forza della disperazione raggiungo il mobiletto dove tengo la mia pistola, ho il porto d’armi in regola per uso difensivo personale, sparo, sparo, sparo. Tre colpi ho sparato. Pim Pum Pam.
Uno dei malviventi cade a terra, colpito a morte. Gli altri riescono a fuggire.
Non è più una sera qualunque. Me la ricorderò per tutta la vita la sera del 7 febbraio 2009.
In quella sera ho ucciso un uomo, un essere umano, un delinquente, un malvivente che si è introdotto a forza nella mia vita, minacciando la mia esistenza e quella dei miei familiari.
Io non l’ho cercato, è stato lui, con i suoi complici, a tentare di violentare la mia vita, le mie abitudini, la mia privacy, di rubare i miei beni, è stato lui, con i suoi complici, a volersi introdurre nella mia esistenza, e a minacciare di morte me e i miei cari.

Io ho solo reagito per difendermi.
Se quella sera non fossero entrati con violenza in casa mia, io e i miei familiari, già in pigiama, qualche ora dopo ce ne saremmo andati a letto con la coscienza di aver trascorso un’altra serena giornata della nostra vita.

Invece oggi io sono in carcere, accusato di omicidio colposo, per eccesso di difesa.
E d'altronde, cosa potevo fare? Subire, subire e stare zitto?
E’ uno strano Paese questo in cui viviamo, nel quale sembra vigere un razzismo al contrario: le nostre leggi danno l'impressione di tutelare maggiormente i diritti degli altri, a scapito degli italiani.

Due delinquenti ancora liberi, forse intenti ad aggredire altre famiglie italiane, ed io che chiedevo soltanto di poter vedere in pace il mio telegiornale, di bermi una camomilla calda e di infilarmi sotto le coperte per il sonno del giusto, invece sono in carcere.

Niente mi vieta di pensare che se questi avvenimenti fossero capitati alla famiglia del giudice che mi tiene in carcere, forse egli non si sarebbe incarcerato, ma si sarebbe autoassolto, come io del resto mi autoassolvo, e non mi ritengo responsabile di nessun omicidio.
Ho ucciso, sì, ma solo per difendere me, la mia famiglia, i miei beni.
Mi avessero lasciato in pace, sarebbe ancora vivo lui, fuori dal carcere io, e ci sarebbe un giudice con una sentenza ingiusta in meno sulla coscienza.

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