30 luglio 2009

319) Il dialetto nella scuola.-"Quaccio più quaccio uguale otto"- 4+4=8




Quaccio più quaccio uguale otto.
4+4=8








In questi giorni impazza la diatriba sul fatto che i professori, per insegnare in una determinata zona del Paese, dovrebbero dare prova di sapere gli usi e costumi di quella regione, la sua storia e perfino il dialetto locale.
Tutto questo è contenuto in una proposta di legge della Lega nord, ed ha lo scopo di limitare il numero di insegnanti delle regioni del sud nelle scuole settentrionali.
In effetti questa numerosa presenza di insegnanti meridionali è sempre stata un problema, per le scuole del nord.
La mancanza di sbocchi industriali al sud, invoglia i giovani meridionali a proseguire gli studi fino al raggiungimento di una laurea da sfruttare poi al nord.
Paradossalmente quindi, anche nel campo dell’istruzione letteraria, l’Italia è divisa in due: da una parte i lavoratori ignoranti del nord e dall’altra gli sfaccendati laureati del sud.
Ora tutto questo alla Lega non piace ed il fatto che nelle scuole del nord siano più numerosi i professori dall’accento meridionale rispetto a quelli locali, è visto da essa come una mortificazione, e quindi si inventa norme di legge per rendere sempre più difficile l’assunzione di professori nati da Firenze in giù.
Il presupposto di questo ragionamento è che i professori meridionali , non capendo le usanze locali né la parlata dei ragazzi verso i quali indirizzano il loro insegnamento, siano inadatti per le scuole del nord e naturalmente questo vale anche a Regioni invertite.
L’errore sta tutto qui, perché non è vero che la parlata e l’accento meridionale siano ostacoli per l’insegnamento e l’apprendimento scolastico , in quanto dopo una prima fase di studio reciproco, viene ad instaurarsi tra insegnante ed allievi una sorta di alleanza comportamentale vantaggiosa per entrambi.

Posso portare un esempio personale.

Quando, nei lontani anni 70 frequentavo, dopo le elementari, i tre anni di scuola denominata “Avviamento Professionale”, il cui fine era di garantire uno sbocco lavorativo immediato al termine del ciclo di studi, ci capitò di avere in classe un professore di matematica che aveva una parlata per noi incomprensibile.
Mi ricordo le risate e le prese in giro che noi studenti gli riservavamo.
L’avevamo denominato il professor Quaccio, perché una delle sue prime frasi fu questa: -"Ragazzi, spero che tutti voi sappiate quanto fa quaccio più quaccio"-, e rimanendo noi tutti interdetti e con la bocca spalancata di fronte a tale introduzione, egli continuò:-"Ma ragazzi, quaccio più quaccio è uguale a otcio"-
Scoppiammo tutti in una grande risata, e devo dire che da allora, la matematica, da materia ostica per la maggior parte di noi, divenne la nostra materia preferita, perché non vedevamo l’ora di trascorrere parte del nostro tempo scolastico in compagnia di un professore dotato di una tale parlata.
Egli divenne il nostro professore preferito, e non solo imparava da noi le nostre usanze locali e qualche parola del nostro dialetto, ma noi tutti eravamo affascinati dai suoi racconti sulla parlata e le e usanze della gente del sud , ed onestamente devo dire che imparammo pure e volentieri anche un pò di matematica.

Quindi, l’esperienza di avere come insegnanti alcuni professori del sud, per i ragazzi del nord, non dovrebbe essere vissuta come una cosa traumatica, come sembra credere la Lega, ma come un arricchimento culturale e sociale.

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