5 marzo 2009

189) Pescherecci di Mazara del Vallo sequestrati. Qualcuno vuol farci credere che essi siano vittime della prepotenza altrui.





Pescherecci di Mazara del Vallo sequestrati. Qualcuno vuol farci credere che essi siano vittime della prepotenza altrui.





Nello Stretto di Sicilia, nel tratto di mare sotto l’isola di Pantelleria, a Sud-Ovest di Lampedusa, tra la Libia e la Tunisia, c’è una porzione di alto mare tradizionalmente riconosciuta come zona di ripopolamento ittico, chiamata in conseguenza della sua forma, "Mammellone”
La Tunisia considera il "Mammellone" come una propria zona riservata di pesca, in quanto sono i pescatori tunisini, in accordo con quelli libici e algerini, ad effettuare la semina del ripopolamento ittico in quella zona.
Nel Mammellone perciò, al fine di assicurare la tutela delle risorse biologiche, è vietata la pesca agli italiani e alle navi battenti bandiera italiana in quanto non hanno voluto partecipare al ripopolamento di quel tratto di mare.

I pescatori disonesti di Mazara del Vallo, città situata sulla costa del trapanese, dopo essersi lasciati alle spalle l'isola di Pantelleria, lo scoglio di Lampione, e l'isola di Lampedusa, arrivano nel Mammellone, situato a centoventi miglia da Mazara, e più vicino all’Africa che alla Sicilia, e lì gettano le reti.


A Mazara del Vallo l’attività principale è la pesca.
Duecento pescherecci d'altura, altre duecento barche per la pesca sottocosta.
Una quindicina di grandi armatori, una miriade di piccoli proprietari di barche tuttofare. Cinquemila marinai, venticinquemila tonnellate di pescato all'anno.
Migliaia di persone che lavorano nell'indotto, nel trasporto e nella commercializzazione del pesce.
Un fatturato annuo ufficiale di cento miliardi. Altri duecento miliardi almeno sfuggono alla rete del fisco.
C'è posto per tutti, Per l'imprenditore serio e capace e per quello che fallisce
Per il pescatore che vende l'anima e si fa finalmente una vecchia barca tutta sua.
C'è il lusso sguaiato e ci sono le maniche rimboccate.
Il pescatore guadagna e ama spendere. L'armatore guadagna e ama prestare. Tutti assieme danno da vivere alle boutiques, ai negozi d'arredamento, alle concessionarie d'auto, alle imprese edili.
Un vortice di soldi, di capacità imprenditoriali, di lavoro duro, di spregiudicatezza.
E anche di qualche ingiustizia
nei confronti dei pescatori, pagati in proporzione al pesce pescato.
Le segretarie delle aziende fanno confusione tra contabilità doppie e triple, i profitti degli armatori restano un mistero.
In definitiva, una bella festa. Come tutte le feste, si vorrebbe che non finisse mai.

A guastare la festa, con l’imprevedibilità delle catastrofi naturali, ci si sono messi l'impoverimento e l’inquinamento del mare, e i tunisini padroni del tratto di mare dove sopravvive il pesce perduto.
E il pesce è sempre meno. E la disonesta mentalità italica va a prenderlo dove ce n'è.
Il pesce che non c'è più sopravvive nel Mammellone, ma lì, i tunisini padroni dei fondali fanno buona guardia.
Allora s’incomincia a pescare a tredici o quattordici miglia dal Mammellone. Lì ci sono banchi dove il pesce muore ancora di vecchiaia, ed è un peccato non pescarlo.
Poi ci si avvicina sempre più e di notte, di frodo e di nascosto si pesca direttamente dal Mammellone il pesce giovane e in fase di crescita.

Un tempo si era quasi a un passo dall’accordo con i tunisini e i libici. Noi abbiamo il pesce, dicevano a noi italiani, voi imbarcazioni tecnologiche: mettiamoci assieme, facciamo delle società miste.
Gli armatori mazaresi, non ne vollero sapere.
Meglio rischiare, e tenersi tutti i profitti.
La pesca di rapina rendeva.
I tunisini se la presero male e cominciarono a presidiare la zona di ripopolamento con le loro motovedette armate.
Oggi si continua a protestare che i sequestri avvengono in acque internazionali. Ma che gli sconfinamenti siano, nella maggioranza dei casi, la regola, è un segreto conosciuto da tutti i cinquemila marinai di Mazara.
Si invoca l'intervento della Marina militare italiana.
E si continua a rischiare, con più fiducia nell’astuzia propria che nelle società miste, che sarebbero la soluzione del problema.
Spiace per i marinai e la loro sorte individuale, ma gli armatori italiani che hanno spinto le loro navi a pescare in acque territoriali altrui, il sequestro se lo sono cercato, e ben gli sta, non cerchino di passare per vittime.


Notizie tratte dal sito Marina militare.

Notizie tratte dal sito Mazaraonline.it.

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