Scriverò sul blog alcuni brevi articoli in ricordo degli anni trascorsi all' Orfanotrofio Maschile di via Santa Lucia 13 a Bergamo.
Anni terribili per noi che li vivevamo sulla nostra pelle, ma che col tempo si sono dimostrati carichi di episodi da ricordare con nostalgia.
Avanzando negli anni ogni tanto viene in mente il nome di qualche amico con cui si è divisa l’adolescenza e di qualche Assistente sacerdote che , tra sberle, sorrisi, scontri e castighi ci ha educato e fatto diventare grandi.
Il Trofio degli anni '50- '60: che ricordi!
Oggi il Trofio non esiste più.
E’ diventato sede di una scuola privata gestita da una potente lobby economico religiosa.
Dell'edificio fisico di quel Trofio non ho fotografie , ho solo un disegno tratto dal giornaletto degli ex allievi “La Gazza” che ritrae il “ cortile d’onore”.
Era questo il cortile più interno della maestosa costruzione che ospitava ai miei tempi circa 150 ragazzi dai 6 ai 18 anni, divisi in tre gruppi, ragazzi delle elementari, studenti e operai.
C’erano 5 camerate di una trentina di letti ciascuna, tre locali per la mensa (refettori ) e due cortili più il campo di calcio.
Al piano sotterraneo della costruzione,oltre a diversi scantinati e al fumoso locale docce (dove al sabato pomeriggio, a turni ci pulivamo), erano situati il cortile degli operai e i laboratori dove essi imparavano un mestiere, (meccanica, falegnameria, sartoria e soprattutto tipografia , la famosa T.O.M. Tipografia Orfanotrofio Maschile, che pubblicava anche scritti di personaggi poi diventati famosi scienziati nazionali).
Inoltre c’era la cucina dove stavano le suore che preparavno i pasti per tutta la tribù del Trofio.
In più c’era un salone immenso che alla domenica fungeva da teatro o da cinema anche per i ragazzi esterni del quartiere di santa Lucia.
Al piano terra c’era il già citato cortile d’onore, circondato da un porticato, che serviva sia per la ricreazione quando c’era cattivo tempo che per i castighi, perchè bisognava percorrerlo di corsa per un tot numero di volte quando si era castigati per qualche marachella.
Sulla parete di centro di questo cortile si ergeva la maestosa facciata della chiesa interna con la sua, per noi incomprensibile, scritta “ Pietas ad omnia utilis est”.
Su un lato poi del cortile d'onore c’era il guardaroba gestito dalle suore , (e un giorno racconterò la storia della “Suora dei calzini”), che ci forniva di vestiario stirato e pulito.
Completavano il piano terra un grande cortile alberato per la ricreazione mista degli studenti, le aule scolastiche per gli allievi delle elementari, il parlatorio per le visite dei nostri parenti alla domenica, gli uffici della direzione e due saloni adibiti a studio dove nel pomeriggio ci si recava per studiare e fare i compiti .
In uno era situato lo studio dei piccoli delle elementari e nell’altro quello degli studenti delle medie, dell’avviamento professionale e delle superiori.
Al piano superiore c'erano le già citate cinque camerate, l'ingresso della Chiesa, ed alcuni locali adibiti ad infermeria.
In bassso a parte, sul lato destro della costruzione era situato il campo di calcio, che confinava con del terreno incolto dove si diceva vivesse un personaggio strano (il matto) che ci incuteva paura e la cui supposta presenza ci impediva di pensare di tentare, da quel lato, la fuga.
Oggi inizio il primo post dedicato a
Don Marco
Don Marco era un assistente molto pulito.
Ogni mattina, mezz’ora prima del suono della campanella delle sei e un quarto, si alzava e intabarrato in un lenzuolo, usciva dalla camerata e si dirigeva verso l'infermeria dove c'era un bagno munito di doccia.
Poi rientrava e ci svegliava tutto pulito e profumato come una rosa.
Non l'ho mai avuto come insegnante di scuola elementare, ma mi ricordo di un fatto che mi raccontarono i suoi alunni.
Dunque, per spiegare meglio l'avvenimento degli Orazi e dei Curiazi nella storia di Roma antica, in cui l'unico superstite di un gruppo (non mi ricordo quale) affronta via via tutti gli altri e li sconfigge con l'astuzia, Don Marco divise la classe in due settori che si dovevano affrontare a vicenda.
Poi, essendo lui a capo di un gruppo ed essendo rimasto egli stesso l'unico superstite , invitò i componenti dell'altro gruppo avversario ad aggredirlo per poter dimostrare visivamente il fatto storico.
Non si aspettava certo, il tapino, che tutti gli alunni, e quindi anche quelli del suo gruppo, tra impressionanti urla di guerra tipo pellerossa, gli si scagliassero addosso con immensa gioia e lo prendessero a pugni, a sberle , a schiaffoni e a pedate per diversi minuti.
Non risulta che abbia più fatto negli anni seguenti la riscostruzione fisica di quell' avvenimento della storia di Roma.
Probabilmente quella volta gli bastò e avanzò.
altri articoli su : Personali
124)...la guerra tra Gaza e Israele |
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