Narrano le cronache di questi giorni che a Zurigo,in un lussuoso negozio di articoli di pelletteria sia entrata,
accompagnata da un amico o guardia del
corpo, una donna di carnagione nera, e abbia mostrato interesse per una borsa in
pelle di coccodrillo in vendita al
prezzo di 35 mila franchi svizzeri ( circa
28.400 euro).
A detta di questa potenziale cliente, rivelatasi poi essere
una conduttrice televisiva americana ,
la commessa del negozio le avrebbe , con
modi spicci e sgarbati, fatto capire che
tale articolo così di lusso non
era certamente alla sua portata economica e che avrebbe fatto meglio a scegliere tra una gamma
di borse meno costose.
Tornata in patria la conduttrice televisiva ha raccontato l’episodio in trasmissione ed
ha espressamente accusato di razzismo la
povera e ingenua commessa, che forse avrebbe fatto meglio a starsene zitta o comunque a valutare con più
precisione le disponibilità economiche dei clienti del negozio.
E tuttavia, essere chiacchieroni o maleducati non può dare
certamente adito ad accuse di razzismo, e qui la conduttrice televisiva
americana sbaglia e commette un grave torto verso
la commessa svizzera.
Perché, il razzismo, a volte non è razzismo.
Il razzismo storicamente è un misto di teorie che sostengono che la
specie umana sarebbe un insieme di razze biologicamente differenti e gerarchicamente ineguali.
Esso si manifesta con atteggiamenti di intolleranza, insofferenza, pregiudizio, discriminazione e violenza verso gruppi di persone identificabili attraverso la loro regione o Paese di provenienza, cultura, religione, etnia, sesso, sessualità, aspetto fisico, accento dialettale o pronuncia difettosa, abbigliamento, abitudini,e modo di socializzarsi.
Esso si manifesta con atteggiamenti di intolleranza, insofferenza, pregiudizio, discriminazione e violenza verso gruppi di persone identificabili attraverso la loro regione o Paese di provenienza, cultura, religione, etnia, sesso, sessualità, aspetto fisico, accento dialettale o pronuncia difettosa, abbigliamento, abitudini,e modo di socializzarsi.
Dire a una persona
che ti entra in negozio che lasci perdere di chiederti informazioni su una borsa
in vendita ad un prezzo spropositato, perché, all'apparenza questa cliente è un tipo che non può disporre di una cifra simile, non è razzismo bensì sconvenienza economica , perché, sotto mentite spoglie o modalità trasandate o normali può nascondersi una persona dal portafoglio
stragonfio.
Sarebbe stato razzismo se
la commessa si fosse rifiutata di vendere la tal borsa alla tal persona perché da lei ritenuta indegna o per il colore della
pelle o per motivi religiosi.
Perché non sto compiendo atto di razzismo se vieto a un minorenne di 15 anni di
mettersi alla guida di un’ auto per la
cui conduzione è, in apparenza
e con molta probabilità, inadatto.
Così se nel mio negozio di lusso dove vendo borse da 20 mila euro in su entra una persona chiaramente vestita da
mendicante o mi dà l’ apparenza di tale,
e gli dico che non è il caso che
io gli mostri la merce in vendita, non
sto compiendo un atto di razzismo , ma,
al massimo, vado solo contro la mia
convenienza economica, perché potrebbe essere che quella persona, così apparentemente
inadatta agli articoli del mio
negozio in realtà non sia invece un milionario travestito da mendicante
, ed io, rifiutando di fare affari con lui, commetterei non un atto di razzismo, ma un grave errore commerciale contro il mio
interesse.
Quindi chiamiamo razzismo quel che è razzismo, e non facciamo di ogni erba un fascio e la
conduttrice televisiva americana chieda scusa alla commessa chiacchierona svizzera
e non le causi un eventuale licenziamento.
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