14 agosto 2013

60.3) Quel razzismo che a volte non è razzismo…

Quel razzismo che a volte non è razzismo…



Narrano le cronache di questi giorni che a  Zurigo,in un  lussuoso negozio di  articoli di pelletteria   sia entrata,  accompagnata da un amico o guardia del corpo,  una  donna  di carnagione nera,  e abbia mostrato interesse per una borsa in pelle di coccodrillo  in vendita al prezzo di 35 mila franchi svizzeri ( circa  28.400 euro).
A detta di questa potenziale cliente, rivelatasi poi essere una  conduttrice televisiva americana , la commessa del negozio  le avrebbe , con modi spicci e sgarbati, fatto capire che  tale articolo  così di lusso non era  certamente alla sua  portata economica  e che avrebbe fatto meglio a  scegliere tra  una  gamma  di borse meno costose.

Tornata in patria la conduttrice televisiva  ha raccontato l’episodio in trasmissione ed ha  espressamente accusato di razzismo la povera e ingenua commessa, che forse avrebbe fatto meglio  a  starsene  zitta o comunque a valutare con più precisione le disponibilità economiche dei clienti del negozio.
E tuttavia, essere chiacchieroni o maleducati non può dare certamente adito ad accuse di razzismo,  e qui la conduttrice televisiva americana sbaglia e commette un grave torto  verso  la  commessa svizzera.

Perché, il razzismo, a volte non è razzismo.

Il razzismo storicamente  è un misto di teorie che sostengono che la specie umana sarebbe un insieme di razze biologicamente differenti  e gerarchicamente ineguali.
Esso si manifesta  con  atteggiamenti di intolleranza, insofferenza, pregiudizio,  discriminazione e  violenza verso gruppi di persone identificabili attraverso la loro regione o Paese  di provenienza, cultura, religione, etnia, sesso, sessualità, aspetto fisico, accento dialettale o pronuncia difettosa, abbigliamento, abitudini,e  modo di socializzarsi.


Dire  a una persona che ti entra in negozio che lasci perdere di chiederti  informazioni su una borsa in vendita ad  un prezzo spropositato, perché, all'apparenza  questa cliente è un tipo  che non può disporre di una cifra simile,  non è razzismo bensì  sconvenienza  economica , perché, sotto mentite spoglie  o modalità   trasandate  o normali  può nascondersi una persona dal portafoglio stragonfio.

Sarebbe stato razzismo se  la commessa si fosse rifiutata di vendere la tal borsa  alla tal persona perché  da lei ritenuta indegna o per il colore della pelle o per motivi religiosi.

Perché non sto compiendo atto di razzismo  se vieto a un minorenne di 15 anni di mettersi alla guida di un’ auto  per la cui conduzione  è,  in apparenza  e con molta probabilità,   inadatto.

Così se nel mio negozio di lusso  dove vendo borse da 20 mila euro in su  entra una persona chiaramente vestita da mendicante o mi dà l’ apparenza di tale,  e gli dico che non è il caso  che io gli mostri la merce in vendita,  non sto compiendo   un atto di razzismo , ma, al massimo, vado solo contro  la mia convenienza economica, perché  potrebbe essere  che quella persona, così apparentemente inadatta  agli articoli del mio negozio  in realtà non sia  invece un milionario travestito da mendicante , ed io, rifiutando di fare affari con lui, commetterei  non un atto di razzismo, ma  un grave errore commerciale contro il mio interesse.


Quindi chiamiamo razzismo quel che è razzismo, e non  facciamo di ogni erba un fascio e la conduttrice televisiva americana chieda scusa alla commessa chiacchierona svizzera e non  le causi   un eventuale licenziamento.


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