26 giugno 2014

61.4) Il Dna è certo, ma a volte la colpevolezza può essere incerta.



Il Dna è  certo,  ma a volte la  colpevolezza può essere incerta.




Stiamo attenti a dare per certa l’equazione:  -“hanno trovato il tuo Dna sul corpo della vittima e quindi sei tu l’assassino”,  perché non sempre è vera.
Esistono  dei casi in cui si può essere tratti in inganno.

Con un  esempio semplicemente teorico, se io  voglio far accusare di un omicidio una persona a me antipatica  che penso meriti qualche anno di galera,   vado nel bar che lui frequenta e con le dovute cautele , indossando magari guanti per non lasciare le mie  impronte,  mi impadronisco di un  suo mozzicone di sigaretta  o di un fazzolettino di carta da lui usato, e lo  infilo tra le dita di una mia  vittima.

Io sono l’assassino, ma il Dna che i carabinieri  analizzeranno è quello del mio rivale antipatico, e costui  e  non io,  basandosi semplicemente su tale prova,  andrà in galera. 

Quindi bisogna stare attenti  a dare per certo che il colpevole sia sempre e certamente il  possessore del Dna   analizzato.

Per tornare alla cronaca di questi giorni,  un tale è accusato di essere il mostro di Yara perché sugli indumenti della ragazzina sono state trovate piccole tracce del suo sangue, da cui si è ricavato il suo Dna.

Il Dna è sicuramente il suo, nessuno lo mette in dubbio, la scienza oggi non lascia  margine ad errori di attribuzione,  ma come c’è finito  sul corpo di Yara il suo sangue?

Lui si difende  dicendo che  qualcuno gli ha rubato dal suo garage  un qualcosa di tagliente che è poi  stato usato sul corpo della ragazzina,  e dato che  con lo stesso  strumento  egli si era  in precedenza tagliato facendo dei lavoretti o delle riparazioni in garage, appare plausibile che  una parte infinitesimale del  suo sangue raggrumato si sia riversata sulla vittima.

A questo punto, a queste che sembrano essere semplicemente delle elucubrazioni mentali e delle difese puerili, non gli crede più nessuno, ma la cosa in sé non può  essere presa sottogamba, perché potrebbe stare a significare che l’assassino non è lui, bensì il ladro  o uno dei ladri  del furto nel suo garage.

E in questo caso  saremmo di fronte a un  ribaltamento della  colpevolezza   del’attuale  presunto assassino e bisognerebbe ricominciate tutto da capo,  orientando le indagini in tutt’altre direzioni.

Giudici onesti e coscienziosi, amanti della ricerca della verità vera,  e non solo di quella dimostrata dalle apparenze, certamente  lo potranno fare, mentre  giudici più  lassisti   si accontenterebbero dell’attuale imputato  e deriderebbero le  sue argomentazioni di innocenza.

Nel caso di Yara i giudici e i magistrati hanno però  finora dimostrato di essere del primo tipo, e quindi riusciranno   prima o poi  a far venire a galla la verità.



Contiamoci.


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