Ieri in
corte d’appello un collegio giudicante
ha assolto butti gli imputati del caso Stefano Cucchi e cioè
tre poliziotti, tre infermieri e sei medici dell’ospedale Pertini di
Roma.
Secondo
questa sentenza non ci sono colpevoli, perché
il fatto non sussiste.
Il calvario
del giovane romano, morto nel 2009, una settimana dopo l’arresto per droga con i segni di traumi violenti e denutrizione,
non ha dei responsabili.
Non c’è
stato alcun pestaggio da parte dei poliziotti.
Gli
infermieri lo hanno soccorso con professionalità.
I medici
l’hanno curato bene e hanno ordinato di nutrirlo
secondo il più classico protocollo
medico ospedaliero.
Il Cucchi
quando è morto non aveva segni di botte
o pestaggi sul corpo, e non era denutrito
bensì in floride condizioni di salute, che anzi non si capisce perché mai fosse
stato ricoverato in ospedale.
Le foto che
lo ritraggono smunto, pesto e
lacero sono solo dei fotomontaggi
creati ad arte.
Sapete da
chi?
Ma dal
Cucchi stesso, in precedenza, il quale aveva tutto preordinato e calcolato.
Essendo un drogato e non riuscendo ad uscire dal tunnel della droga, aveva
programmato di farsi
arrestare dalla polizia dopo un periodo di tre mesi di astensione
dal cibo e di autoflagellazioni quotidiane con un
cilicio di filo di ferro in camera sua.
Aveva
contato sul fatto che i poliziotti che lo avrebbero arrestato per droga,
impietositi dal suo stato fisico lo avrebbero
fatto ricoverare all'ospedale,
dove egli continuando nello sciopero del
cibo e dell’acqua, avrebbe finito i suoi
giorni.
Le ferite
che si era auto inflitte e il suo stato di
denutrizione sarebbero bastate
per far incolpare di pestaggio i
poliziotti e di incuria professionale
gli infermieri e i medici .
Insomma, il
Cucchi aveva scelto di morire , facendo si che la sua morte divenisse un
caso nazionale.
Perché’?
Perché evidentemente nella sua testolina bacata la droga aveva già devastato il suo piccolo cervello, ed egli era convinto che le circostanze tragiche da lui accuratamente preparate della sua morte avrebbero avuto la conseguenza di scatenare discussioni infinite sulla non accettazione culturale e sulla repressione che il mondo della politica, della magistratura e della sanità avevano nei confronti dei drogati.
Perché evidentemente nella sua testolina bacata la droga aveva già devastato il suo piccolo cervello, ed egli era convinto che le circostanze tragiche da lui accuratamente preparate della sua morte avrebbero avuto la conseguenza di scatenare discussioni infinite sulla non accettazione culturale e sulla repressione che il mondo della politica, della magistratura e della sanità avevano nei confronti dei drogati.
Egli ha perciò
deliberatamente scelto e voluto morire da martire come portabandiera
delle giuste istanze dei drogati che vogliono la depenalizzazione e lo
smercio libero e gratuito delle
sostanze stupefacenti ed allucinogene.
Fin qui il
ragionamento dei giudici d’appello che hanno assolto i dodici imputati.
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Forse che a qualcuno esso sembra un ragionamento logico?
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Forse che a qualcuno esso sembra un ragionamento logico?
Dà piuttosto l’impressione di un ragionamento
strampalato da parte di un collegio giudicante composto da persone
che hanno sbagliato mestiere ed anche l’impressione di una sentenza di assoluzione preordinata e dettata da ragioni di
convenienza sociale superiori.
Perché il
Cucchi non può essersi inventato tutto, non può aver programmato in modo così
lucido la sua morte e le cause di essa.
Egli era un
drogato e la sua mente non poteva più ragionare come quella di
un Nietzsche o di un Catone Uticense.
Ci sarebbe
voluto il cervello di Socrate o di Pico della Mirandola. per avere la
lucidità di programmare così la propria
morte al fine di incolpare qualcuno.
Quindi il
Cucchi, anche se i giudici dicono il contrario, è certamente morto di botte, di pestaggio e di fame e di sete.
E qualcuno
lo ha pestato e qualcuno non lo ha curato a dovere.
Quindi quel qualcuno non doveva essere assolto in quanto il fatto non sussiste, perché il fatto, invece e cioè la sua morte sussiste e come , e qualcuno l’ha causata e quel qualcuno doveva quindi essere condannato.
Quindi quel qualcuno non doveva essere assolto in quanto il fatto non sussiste, perché il fatto, invece e cioè la sua morte sussiste e come , e qualcuno l’ha causata e quel qualcuno doveva quindi essere condannato.
Sentenze
così strampalate da parte di giudici che hanno sbagliato mestiere è bene che
non ne vengano più fatte, perché non fanno altro che ribadire nella gente il concetto che la giustizia per qualcuno è più uguale che per altri, e
fanno venire a molti la voglia di andare in cantina a lucidare e tenere ben pronti per l’uso i forconi, che prima o poi il momento di usarli verrà.
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