19 gennaio 2010

16.0) Certo che mi piacerebbe adottare un bambino di Haiti. Ma non mi sarà consentito.



Certo che mi piacerebbe adottare un bambino di Haiti.Ma non mi sarà consentito.


Decine di migliaia di bambini orfani a Haiti, dopo il terremoto.
Bisogna intervenire per dare loro affetto e serenità.
Il destino che li attende, altrimenti, se gli va bene è una vita di sofferenze, di stenti, di orfanotrofi, fino all’età lavorativa e poi, arrangiarsi e barcamenarsi.

Io sono stato in orfanotrofio dall’età dei sei anni fino ai diciotto, e so cosa vuol dire la mancanza di affetto, so cosa vuol dire l’essere trattati come dei numeri dagli assistenti, alcuni dei quali simpatici ma per lo più odiosi e privi di ogni umanità.
Ecco, di fronte a questo immenso dramma mi piacerebbe versare nel mare della solidarietà il mio piccolo aiuto, la mia goccia per uno di questi piccoli orfani.

Mi piacerebbe adottare un bambino di Haiti ed aiutarlo a diventare grande.
Farlo studiare, insegnargli un mestiere.
Farlo vivere qui da noi, trasmettergli i nostri valori: farlo diventare un bravo e onesto cittadino italiano di origini haitiane.
Ma sono sicuro che non si può fare, che non mi permetteranno di farlo.

Io ho ormai una certa età, sono nonno, e do una mano a mia figlia nel tirar grande il nipotino.
Potrei fare altrettanto anche per un bambino di Haiti.
Se ho ancora energie per uno, posso averle anche per due.
Certamente, e sono il primo a capirlo, non sono più fisicamente in grado di perdere le notti per badare a un lattante ma, per seguire un bambino dall’età scolare in su, le energie, la voglia e la capacità fisica ancora ce le ho.

Mi viene detto dagli amici: fai un’adozione a distanza.
Sì certo, so cosa vuol dire.
Negli ultimi quindici anni ho seguito le necessità economiche e la crescita. di una bambina del Malawi, attraverso l’adozione internazionale.
Dietro un mio versamento annuale, le buone suore della missione di laggiù hanno costantemente seguito,curato, mantenuto e vestito questa mia figlia adottiva.
Però quella bambina del Malawi, io non l’ho mai vista, se non in fotografia, non le ho mai sussurrato alle orecchie il mio amore di padre adottivo, non l’ho mai accarezzata, non l’ho mai portata a passeggio nei giardini.
Tutto questo l’hanno fatto le buone suore per me.
Ma io ora vorrei un intervento più diretto.

Non sono d’accordo con chi afferma che adottando i bambini di Haiti, praticamente si mette in atto una nuova devastazione dell’isola, privandola, dopo i disastri del terremoto anche della speranza di un futuro che questi bambini rappresentano, perché essi sono la parte migliore, sono ciò che resta di Haiti e sono forse l’ultima chance perché questa Nazione possa rinascere.
Portandoli via, adottandoli e trasferendoli in altri Paesi, praticamente non si fa che "rubare " a Haiti i suoi bimbi, il suo futuro. 


E’ un ragionamento teorico che potrebbe anche stare in piedi, se non fosse che così facendo si gioca con la vita di decine di migliaia di bambini, condannandoli ad un avvenire di orfanotrofi, di solitudine, di mancanza d' affetto e forse anche di estrema miseria e povertà.
Un avvenire senza speranza, in attesa di qualche nuova catastrofe per la loro isola, mentre invece, nel mondo, sono sicuro che decine di migliaia di persone, come me, ancora animate e sostenute da qualche energia fisica, riverserebbero sui bambini il loro amore e la loro umanità, per farne degli esseri, certamente lontani dalla loro patria, ma forse meno infelici.
E non è detto che si debba per forza di cose far loro dimenticare il legame con la loro Patria. bensì è vero il contrario, che si cerchi cioè piuttosto di instillare in loro, un domani, resi uomini indipendenti, il desiderio di tornare ad Haiti, sui luoghi della loro infanzia, alla ricerca dei loro veri e sfortunati genitori.

Io la vedo così, solo che così non la vedono gli assistenti sociali, e quindi questo mio non resterà che un pio desiderio irrealizzabile, ed è un vero peccato.

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