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9 agosto 2010

139.0) I ricordi del Trofio: 7) il Don Minghì.

il Don Minghì.

C’era in quegli anni in Spagna o in Portogallo un torero famoso che si chiamava Dominguin, le cui foto e gesta apparivano sui giornali, e che mi pare abbia anche sposato una grande attrice italiana. 

E c’era al Trofio un prete che studiava lo spagnolo e che si dava arie con noi di saper parlare lo spagnolo e ogni tanto gli piaceva stupirci con delle parole spagnole.
Così, ( storpiando il nome del grande torero). lo chiamammo Don Minghì

Per queste sue arie da saputello era un prete abbastanza antipatico a noi tutti e forse anche agli stessi suoi confratelli religiosi.

Una volta, al termine della ricreazione, essendo venuto l’orario di recarci nello studio per finire i compiti e ripassare le lezioni per l’indomani, essendo lui l’assistente, ci mise in fila, e passandomi accanto sentì che io puzzavo di fumo di sigaretta.

"Tu hai fumato" – mi disse, ed io che avevo appena allora finito di fumare una sigaretta rinchiuso e nascosto dentro lo sgabuzzino di un cesso, stupito nel sentirmi scoperto , mi misi a negare tale fatto aggredendolo verbalmente con frasi del tipo: "- E lei come fa a saperlo? Ma chi si crede di essere? Solo perché sa qualche parola di spagnolo mi viene ad accusare di cose che io non ho mai fatto? La smetta o le spacco il muso!"-

Al povero Don Minghì, oggi lo riconosco, non rimase altro da fare , per ristabilire la sua autorità davanti a tutti, che assicurarmi che ero un bugiardo , in quanto la puzza di sigarette che mi avvolgeva si sentiva lontano un miglio, e si mise a strattonarmi cercando di far uscire dalle mie tasche il pacchetto di sigarette incriminato.

Ma io resistevo, ed allora egli perse completamente la testa e si mise ad inveire contro di me dicendo che ero un bugiardo e che ero lì in quel collegio perché mia madre era certamente una puttana etc. etc. etc.

Smise improvvisamente di gridarmi contro perché con un pugno ben azzeccato al volto gli feci uscire del sangue dalla bocca e dal naso.
Rimase talmente stupito dalla mia reazione che, quando gli saltai addosso gridandogli che “Lui la mia mamma la doveva lasciare stare , perché non era degno neppure di nominarla-" si lasciò picchiare e prendere a pedate sia da me che da altri miei compagni che avevano deciso di darmi una mano nella ribellione.

Naturalmente al baccano di questa rissa accorsero anche altri assistenti in difesa del povero Don Minghì, e per quella sera io saltai la cena e fui messo in castigo dal direttore Don Walter, al buio fuori della camerata fino alle due di notte, quando forse ormai impietosito mi si avvicinò e mi disse di andare a dormire.

Qualche giorno dopo fui espulso dal collegio per una decina di giorni , ma mi ricordo che il Direttore obbligò prima il Don Minghì e mia madre e a parlare tra loro , a spiegarsi e a scusarsi reciprocamente.

Quando, al termine del castigo, rientrai in Orfanotrofio, uno degli assistenti che più mi vollero bene e che più mi aiutò correggendomi i compiti di ragioneria e ripassando con me le lezioni per vedere se avevo studiato , fu proprio questo Don Minghì, e di lui, ancora oggi conservo un ricordo benevolo.


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8 agosto 2010

138.0) I ricordi del Trofio: 6) le vacanze estive

Le più belle vacanze estive della mia vita di adolescente le ho passate al Trofio.

Durante l’estate il Trofo, diciamo così, chiudeva, e i ragazzi se ne tornavano a casa dal termine della scuola fino all’inizio del nuovo anno scolastico.
Non tutti, però, perché alcuni di noi non avevano una vera famiglia dove andare oppure perchè i nostri genitori erano troppo poveri per potersi permettere assenze dal lavoro e quindi non sarebbero stati in grado di badare a noi durante il periodo estivo.
Così un gruppo di noi, in genere una dozzina, anche d’estate se ne stava al Trofio.

Le nostre erano giornate di ozio e di giochi.
Anzitutto ci si alzava alle sette invece che alle sei e un quarto, e dopo la messa, avevamo a nostra disposizione un’intera giornata, senza assistenti a controllarci, per poter leggere qualche libro preso dalla biblioteca, oppure i giornalini a fumetti, giocare a carte o a calcio nei cortili.
Gli unici orari da rispettare erano quelli per il pranzo e la cena e per un pisolino dopo pranzo.


Mi ricordo che verso il mese di agosto ogni anno arrivava al Trofio un camion Leoncino OM carico di angurie che venivano scaricate all’ombra in un angolo di un campetto vicino al campo sportivo grande.
Quelle angurie erano un regalo di qualche agricoltore per noi ragazzi del Trofio, e ogni giorno, verso le quattro del pomeriggio facevamo merenda con una mezza anguria oppure con una intera per i più affamati, rosicchiando obbligatoriamente assieme ad esse dei pezzi di pane raffermo che le suore ci distribuivano e che noi, per fare più presto ad ingoiarlo inzuppavamo d’acqua sotto il rubinetto.
In pochi giorni quella montagna di angurie si riduceva immancabilmente a un mucchietto, che poi marciva perché non avevamo più la forza di mangiarle.

Le giornate erano oziose, ma passavano con piacere.

Mi ricordo che un anno mia mamma mi disse che mi avrebbe fatto trascorrere a casa le vacanze estive , ma io la supplicai piangendo di lasciarmi lì al Trofio insieme ai miei amici estivi.
Essa quasi si offese, ma poi capì che io, a casa mia , essendo in collegio tutto l’anno, non avevo amici e avrei trascorso un' estate da solitario e infelice, e mi lasciò trascorrere anche quella volta le vacanze estive al Trofio.

Don Marco

  • il Ciùe
  • La suora dei calzini
  • assistenti bravi e meno bravi
  • il Don Minghì.
  • il Don Foca
  • Don Enrico
  • 137.0) I ricodi del Trofio: 5) assistenti bravi e meno bravi

    Altri nomi di bravi assistenti di cui mi ricordo sono: Don Pierino F., Don Carlo P., Don Fausto M., Don Cesare ( ma forse non è mai diventato prete perché gli ultimi anni del Trofio me lo ricordo vestito in borghese), e Don Beppino.










    Don Beppino era sempre ammalato e stava quasi tutto il giorno nella sua tenda in camerata a suonare la fisarmonica.
    Mi ricordo che a Teveno, durante le vacanze estive, ci insegnava delle canzoni, come ad es, Vecchio scarpone, Vola colomba bianca vola, La montanara , e molte altre.

    Mi ricordo anche di Don Dracula, che fu vicedirettore negli ultimi anni della mia permanenza al Trofio ed era un prete cattivissimo, lunatico e sempre arrabbiato.
    Lo chiamavamo don Dracula perché quando rincorreva qualcuno di noi ragazzi per castigarlo, una corta mantellina nera che sempre indossava gli svolazzava sulle spalle e lo rendeva simile a un pipistrello con le ali spiegate.
    Don Dracula ci faceva paura, e forse per questo io non mi ricordo neppure il suo vero nome da prete.


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    7 agosto 2010

    136.0) I ricordi del Trofio: 4) il Don Foca

    Il Direttore del collegio era 
    il Don Foca .

    Veniva soprannominato così perché a quei tempi il direttore era un tipo grassottello e rotondetto che sembrava a una foca, appunto.
    Si chiamava Don Cherubino Z. e fu per qualche anno il mio primo Direttore all’orfanotrofio.
    Egli era un sacerdote dai tratti signorili, e dai suoi modi si poteva intuire che era una persona rispettabilissima e istruita, e portava degli occhialini come quelli di Papa Pacelli, Pio XII.
    Non ho particolari ricordi di lui, se non che era una brava persona.

    Gli successe il nuovo Foca, Don Walter B., che fu mio Direttore fino alla mia uscita definitiva dal Trofio.
    Qualche mese dopo il suo arrivo Don Walter apportò una serie di modifiche a tutto il regolamento del collegio.
    Per prima cosa abolì le divise che le suore ci davano per le grandi occasioni, ad esempio quando dovevamo uscire per partecipare in corteo ai funerali di benefattori o di persone importanti della città. Queste divise erano quanto di più fastidioso ci potesse essere, perché di stoffa pesantissima in quanto dovevano durare per noi e per i nostri successori negli anni a venire, e mi ricordo che avevano all'altezza del collo un gancetto che ti strappava la pelle.
    D’ora in avanti, con la riforma di Don Walter, niente più sfilate in gruppo per la città, ma al massimo una manciata di ragazzi , per quelle occasioni ben vestiti dalle Suore del guardaroba.


    Poi pretese che le Suore della cucina ci facessero avere ogni giorno sulla tavola del pane fresco invece di quello raffermo di qualche giorno che esse ci davano.
    Si era accorto che ogni mattina il fornaio portava alle suore delle grandi ceste cariche di pane fresco, eppure a noi le suore ci davano sempre da mangiare quello raffermo.
    Chissà perché.
    Misteri della mentalità delle suore!
    Forse per abituarci al sacrificio, o forse perché erano convinte che dandoci ogni giorno del pane fresco noi saremmo diventati, crescendo, degli smidollati e dei fannulloni, o forse più semplicemente volevano che i nostri denti di adolescenti si rafforzassero masticando del pane duro.

    Inoltre il Foca fece trasformare i refettori, cioè i saloni dove ci si recava per mangiare, composti fino ad allora da grandi tavoloni con sopra una lastra di marmo e con delle panche per sederci, in moderne sale con tavolini a quattro o sei posti e con coloratissime sedie di plastica di moplen.
    Fece anche in modo che il cibo arrivasse dalla cucina non più in contenitori e poi distribuito, ma già disposto in porzioni abbastanza abbondanti su piatti veri e non di metallo come si usava fino ad allora, così come i bicchieri divennero dei veri bicchieri di vetro, e non più di latta.

    Per dirla con una frase celebre, molte altre cose egli fece, ma in questo momento mi sfuggono.

    Don Walter fu un bravissimo Direttore, anche se dovette espellermi per punizione per ben due volte dal collegio per alcuni giorni.
    Di una volta mi ricordo il motivo, che un giorno qui racconterò, ma della seconda no.

    Probabilmente però me lo meritavo, perché la mia stima nei suoi confronti è rimasta immutata negli anni.



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