In questi giorni vengono pubblicati sui giornali e nei tg
i redditi 2011 dei contribuenti, così come da dichiarazione presentata
nel 2012.
Si viene così a sapere che in Italia le persone da tutti considerate ricche ( perché viaggiano su auto da 50 mila euro in su, hanno diverse proprietà immobiliari e fanno vacanze
di mesi nei paradisi esotici) , hanno in realtà redditi da fame mentre invece i lavoratori
dipendenti e i pensionati, con la
loro busta paga o pensione lorda da 20- 25 mila euro sono i veri ricchi.
Tutti i commentatori, mostrando grande meraviglia, mettono
in risalto come le categorie degli
autonomi, commercianti, artigiani, liberi professionisti o per meglio dire tutti i titolari di partita iva, abbiano
dichiarato redditi minimi , a
volte persino inferiori alla soglia di sopravvivenza, e
come i dipendenti di tali ditte guadagnino molto di più dei loro
padroni.
Eppure, perché tanta sorpresa da parte dei media ,
quando ogni persona dotata di minimo buon senso è in grado di capire il perché di queste dichiarazioni false e fasulle ?
Si può notare infatti che le
uniche categorie di liberi professionisti
in regola con il fisco siano quelle dei farmacisti e dei notai.
Dei notai non discuto
perché non ne so niente, avendo bazzicato nei loro studi se non saltuariamente ,
ma per quanto riguarda le farmacie il fatto che esse rispettino le leggi fiscali non è da ascrivere a merito
della categoria, bensì alla norma di legge che invoglia i loro clienti a
richiedere la fattura o scontrino fiscale in quanto
possono detrarne una parte dell’importo nella annuale successiva dichiarazione dei
redditi.
E’ per questa causa, e non perché siano una categoria fiscalmente meritoria che i farmacisti sono obbligati, su istanza del cliente, ad emettere la giusta documentazione
e a dichiarare al fisco tutti i loro
introiti.
Le altre sopra citate
categorie di percettori di reddito invece, non essendo obbligate ad emettere fattura su richiesta del cliente,
non avendo quest’ultimo convenienza a richiederla per motivi fiscali, sfuggono al’analisi dei finanzieri ed arrivano perciò a dichiarare redditi da
fame nelle loro dichiarazioni, pur in presenza di uno stile di vita a volte dispendioso e sopra le righe.
Naturalmente, chi fa le leggi fiscali (il governo e i partiti politici in Parlamento) e chi le deve far eseguire ( la guardia di
Finanza), sono esattamente a conoscenza di tutti i
trucchi legali e delle agevolazioni fiscali concesse a tali categorie di percettori di reddito, e tuttavia anch'essi adottano atteggiamenti di meraviglia e fanno i finti tonti, in questo periodo dell’anno
nel quale vengono pubblicati i dati
delle dichiarazioni dei redditi, ma lo fanno solo per una decina di giorni, trascorsi i quali tutto torna come prima e i controlli fiscali, magari intensificati nel frattempo vengono poi messi nel dimenticatoio.
Eppure sarebbe così semplice, per lo Stato, aumentare le proprie
entrate fiscali ed adottare nel contempo
un meritorio criterio di equità nei confronti delle categorie di cittadini da
sempre tartassate a dismisura, se adottasse nei confronti di tutte le categorie
di professionisti, artigiani, commercianti , autonomi e titolari di partita iva, lo stesso principio fiscale messo in atto
per le farmacie, e cioè l’introduzione del concetto di “ conflitto di interesse” per il quale
il cliente si fa carico di
richiedere la fattura o lo scontrino fiscale,
perché lo può parzialmente detrarre
dalla sua dichiarazione dei redditi.
Sarebbe una grande riforma a costo zero, ma dalle notevoli
risorse in entrata , (e per uno
Stato in perenne ricerca di
soldi , non è cosa da
poco) che darebbe inoltre ai cittadini finalmente il senso di una
Nazione che smette di premiare i furbi e di tartassare i deboli.
E allora il governo Letta, che dice di voler fare grandi
cose, traendo spunto dalle infedeli dichiarazioni
dei redditi, incominci da qui a fare le riforme e ci
dia finalmente una legislazione fiscale equa facendo pagare il giusto ad ogni
cittadino e smettendo di credere alle
favolette raccontate da alcuni di loro.
LA PARTITA IVA – Nel Bel Paese le Partite IVA non si aprono solo per vocazione, ma anche ed in gran parte per disperazione.
RispondiEliminaIl disoccupato cronico o il lavoratore dipendente rimasto senza lavoro a causa della fabbrica costretta a chiudere, rifiutando il sommerso, per sopravvivere tenta la via del lavoro autonomo aprendosi una Partita IVA.
Ne consegue una moltitudine di adempimenti richiesti da enti, per lo più inutili, ed agenzie dello Stato che alimentano un esercito di funzionari ben stipendiati e ben determinati a scovare qualsiasi segno o virgola non in linea coi dettami del potere repressivo, i quali, immuni da responsabilità per le interpretazioni personali dei codici e regolamenti, hanno un gran da fare nel controllare movimenti, obblighi ed anomalie che gravitano intorno ad una Partita IVA.
Per contrastare cotanto accanimento, un altro esercito composto da commercialisti, consulenti fiscali ed avvocati si nutre in questo calderone di norme, regole e demenziali decreti.
Al nuovo possessore di Partita IVA, dopo essersi indebitato per aprire la sua attività, ben presto arrivano le prime cartelle di pagamento per tasse ed imposte varie, le quali, mentre nei paesi civili sono da pagarsi solo in proporzione ai redditi conseguiti, nel Bel Paese al contrario, si pretendono dei minimi fissi, eccessivamente gravosi, che sono da pagare sin dal primo giorno di iscrizione anche se, per scarsa esperienza professionale ed economia in recessione, si realizza un reddito da fame o, addirittura, si va in perdita.
Pertanto, rendendosi conto che gli incassi che riesce a realizzare non bastano a coprire i debiti accumulati, né a pagare tributi e balzelli vari imposti dalle relative autorità e non riuscendo più a sfamare la sua famiglia, il lavoratore autonomo non può fare altro che immergersi in quel sottobosco di attività illecite provocato dall'imponente oppressione fiscale e burocratica.
Non solo, anche dopo aver cessato la sua attività cosiddetta legale, continua per anni ad essere perseguitato con richieste di chiarimenti, verifiche, aggiustamenti ed esose sanzioni che hanno più il sapore dello strozzinaggio che della legalità.
Nella storia della Repubblica non c'è mai stata una caccia così spietata allo sfruttamento dei cittadini.
da COCOMIND.com - La voce del dissenso
E'un quadro apocalittico quello che tu descrivi, basato attualmente su un potere repressivo fiscale demenziale e vessatorio che impone attraverso gli studi di settore dei guadagni standard per ogni categoria .
RispondiEliminaE’ quindi chiaro che l'introduzione generalizzata del"conflitto di interessi" risolverebbe alla radice questa oppressività fiscale perché non tasserebbe più in base a presunti redditi cervellotici, bensì in proporzione a quelli effettivamente conseguiti.
Tutti noi comunque conosciamo fior di studi di professionisti, nonché studi medici e veterinari dove ad agosto si compila la fattura n. 32 o 33 mentre nelle loro anticamere stazionano in attesa di essere ricevute in media un cinquantina di persone al giorno.
E sappiamo che lo sa anche la Guardia di Finanza, la quale poi chissà perché, stranamente, alla pubblicazione dei redditi annuali, fa gesti di ampia meraviglia come se i suoi funzionari fossero fino ad allora vissuti sulla pianta, dalla quale è bene che scendano presto, e facciano il loro dovere pretendendo che ad agosto il numero delle fatture emesse sia almeno pari alla metà degli appuntamenti annotati dalla segretaria nel brogliaccio ., perché’ non si va negli studi dei professionisti per passare il tempo o perché fuori di lì ci si annoia a morte, ma per motivi ben precisi che il professionista si fa ben remunerare.
E così vale per ogni categoria di autonomi ai quali venga versato un corrispettivo in denaro a seguito di un loro intervento.
Che se il cliente ha interesse a richiedere la fattura, anche lo Stato ci guadagna, ed anche i possessori di partita Iva onesti tassati nei loro veri redditi. .
In quanto ai disonesti è certo che prima o poi verranno pescati ed allora il loro bel tenore di vita, pur in mezzo a lamentazioni di miseria varie, verrà a cessare.