21 novembre 2011

178.1) Che c’entro io col Debito Pubblico?



Che c’entro io col Debito Pubblico?
Non c’è italiano che in questi giorni non si sia chiesto cosa sia il debito pubblico, come e perché si sia formato, chi abbia contribuito a farlo diventare così mostruoso, e soprattutto che “cosa c’entro io con questo debito Pubblico?”.

La storia è lunga.

Le spese che uno Stato sostiene, sono finanziate o con le riscossioni fiscali (tasse e imposte) oppure con l'emissione di titoli di Stato, da far acquistare a qualcuno che fornisce così la necessaria liquidità.

L’ammontare dei titoli di Stato in circolazione non è altro che il Debito Pubblico e per attirare i capitali ed invogliare i privati o le banche a sottoscriverlo, è necessario su questo prestito, pagare un interesse.

I capitali raccolti tramite il Debito Pubblico possono venire utilizzati in modo corretto o in modo scorretto.
E’ scorretto che lo Stato utilizzi i capitali ricavati dall’emissione di titoli pubblici per
- finanziare le spese correnti ordinarie in quanto la situazione rischia di degenerare in poco tempo: una volta spesi questi soldi, non ci saranno più le risorse per rimborsare il debito e gli interessi.
Lo Stato dovrà allora ricorrere alla formazione di un ulteriore debito e la spirale di interessi su interessi lo manderà in fallimento .
Fallire significa dichiarare non validi i titoli di Stato, cioè rifiutare il loro rimborso.
In questo caso lo Stato non troverà più nessuno, per alcune generazioni, che sia disposto a sottoscrivere nuovi titoli del Debito Pubblico.

- Se i prestiti vengono invece impiegati correttamente in investimenti strutturali, per esempio nella costruzione di strade, ferrovie, industrie, scuole, ospedali, carceri, aeroporti etc. etc.,  la capacità produttiva dello Stato aumenta, e con essa anche le sue risorse economiche, quindi aumenteranno anche le entrate fiscali e tutto questo metterà in grado lo Stato di restituire sia il debito che gli interessi, restandogli magari ancora qualcosa in cassa.
È esattamente quello che abitualmente capita nell'economia privata delle famiglie.

In Italia, negli ultimi decenni i governi sono ricorsi sempre più frequentemente al prestito pubblico anche per finanziare, purtroppo, le spese ordinarie. 
Tali spese, che dovrebbero invece essere coperte dalle entrate ordinarie del fisco, sono state finanziate con l'emissione di nuovi titoli, che hanno accresciuto ovviamente l'ammontare del debito.
Per giudicare se la la situazione del debito di una Nazione sia o meno allarmante, più che il suo ammontare assoluto, occorre considerare la capacità di quella Nazione di provvedere sia al rimborso del valore nominale dei titoli che al pagamento degli interessi, e poiché i soldi necessari devono venire prelevati da ciò che una Nazione produce annualmente (cioè dal suo prodotto interno lordo o PIL) è quindi essenziale che si mantenga una certa proporzione fra il debito pubblico e il PIL.

L’Europa chiede agli Stati membri che l'ammontare ideale del Debito Pubblico non superi il 60% del rapporto con il PIL (cioè, se facciamo pari a 100 ciò che produce annualmente l’Italia come ricchezza, i titoli del Debito Pubblico in circolazione non devono superare l'ammontare di 60).
Ad inizio 2009 il debito italiano era invece al 106%, ma purtroppo ha ricominciato a salire ed ha raggiunto in questi giorni l'altezza considerevole del 120% del Pil.
Ciò vuol dire che le nostre Autorità spendono per spese non strutturali, cioè che non accrescono la ricchezza dell'Italia.sempre più di quanto incassano .
Ne sono seguiti il declassamento dell’Italia nella valutazione delle agenzie internazionali di rating e i continui richiami dell’Europa ad invertire la tendenza, fino a causare la crisi del governo Berlusconi e la nascita del nuovo governo Monti.

E’ chiaro quindi che la domanda iniziale.- “ e io che c’entro?”- trova la sua risposta in un impegno da parte di tutti noi per contribuire ai sacrifici che ci verranno richiesti, naturalmente in proporzione alle nostre effettive capacità contributive, attraverso un’ opera di equità sociale che prevede che “chi più ha, più paghi”.

IL compito del nuovo governo è quindi quello di stanare gli evasori fiscali (quelli che hanno ma non pagano), di abolire i privilegi e le sacche di ingiustizia fiscale(le varie Caste e i potentati economici), in modo da ridurre gradualmente. ma con decisione, il debito pubblico verso la rotta del 60% del Pil.

Che Dio lo aiuti in questa difficile impresa, e aiuti noi italiani tutti a sopportare i sacrifici che ci verranno richiesti da un esecutivo di tecnici finalmente efficiente che governi a tempo pieno e senza scandali rosa o azzurri che siano.


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