Vivere la religione quasi fosse un macigno sulle nostre spalle.
Ancora nei primordi dell’umanità l’uomo scopre, attraverso i fenomeni e le forze della natura, di cui egli ignora le leggi,
la presenza della divinità, e sviluppa attraverso certi rituali e certi comportamenti pratici un rapporto con questo
Qualcuno che egli ha capito essergli superiore.
Nasce così
la religione naturale, fatta di sentimento e gusto dell’Infinito, che stabilisce una dipendenza dell’uomo da una Realtà misteriosa totalmente al di fuori di lui e un legame che unisce l’uomo a Dio.
Nascono
le prime pratiche religiose connesse al rapporto con l’Essere soprannaturale: la venerazione del Divino, i sacrifici rituali, il culto dei morti.
La religione primitiva è un sentimento di rispetto e di fede ispirato dal senso del divino che si ritrova in ogni singola persona, e che differisce da individuo ad individuo.
Molte saranno poi le religioni che l’uomo svilupperà lungo i secoli, considerando esse un insieme di vari elementi, quali la
dottrina, le
preghiere, i
riti, i
racconti, le
abitudini, le
credenze, le
regole di comportamento, le
cerimonie e la
liturgia che caratterizzano una specifica religione e che sono
trasmessi di generazione in generazione.
La religione è anche portatrice di una certa visione del mondo che
stabilisce ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ed è basata su una dottrina che spiega il rapporto dell’uomo con tutto ciò che sta di là della realtà materiale, ovvero con la sfera ultraterrena.
Purtroppo
ogni religione si ritiene depositaria degli insegnamenti divini e
unica portatrice della Verità. Questo atteggiamento genera incomprensioni e diffidenze verso altri popoli e crea il presupposto di
conflitti e guerre contro chi professa altre religioni.
Ma le guerre e le contrapposizioni avvengono e sono sempre avvenute anche per altri motivi che non siano quelli religiosi. Infatti sono innumerevoli le volte nel corso dei secoli nelle quali, in nome di miti sostitutivi quali il
potere, il
denaro, il
successo, il
partito, la
scienza, sono state violate le regole della pacifica convivenza tra le Nazioni e sono state massacrate intere popolazioni.
La sete di Dio, il bisogno di Dio, cioè la religione intesa nel senso primordiale, dovrebbe essere intesa come
un aiuto all’uomo per vivere meglio la propria vita, al fine di incanalarla verso obiettivi non solo terreni ma anche spirituali e ultraterreni.
La religione è
una marcia in più che l'uomo religioso ha rispetto all'ateo.
Ogni religione proprio per fare in modo che gli uomini camminino su vie diritte, dignitose e pacifiche per la comunità e la convivenza sociale, insegna l’
ubbidienza, il
sacrificio personale, l’
umiltà, la
rassegnazione, ed indica nell’osservanza o mancata osservanza di queste regole imposte dalla Divinità, la m
eritata felicità o il giusto castigo nell’al di là.
A volte le persone si identificano pienamente con la
dottrina e i dogmi di una determinata religione, ed altre volte invece seguono maggiormente
i riti, la tradizione e le usanze interpretando il tutto in maniera personale e cervellotica, e creandosi
una propria religione privata, che di quella ufficiale conserva solo il nome esteriore.
In questo modo col passare dei secoli, si è spesse volte travisato
il perché di singole norme o di singole usanze, e se ne è perso il vero significato interiore.
Ad esempio, per i musulmani i
divieti di bere alcolici o di mangiare carne di maiale erano legati alle condizioni di vita di certe popolazioni nomadi dell’Arabia, dove il caldo, la poca igiene e la mancanza di efficaci metodi di conservazione del cibo potevano portare a conseguenze di malattie catastrofiche per la popolazione.
Oggigiorno, per un musulmano trapiantato in Europa questi motivi di divieto , a ben vedere
non esistono più ed eppure, rimanendo molto diffusa l’ignoranza sul perché di certe norme religiose, i divieti sono ancora praticati e seguiti .
Il mese di Ramadan, nel quale è
vietato mangiare e bere lungo la giornata, era stato voluto dal Messaggero della volontà divina, come un atto di penitenza e di omaggio all’Essere creatore.
Ma un conto era per le popolazioni dell’epoca starsene
tutto il giorno a oziare sotto una tenda al riparo dal sole in attesa della abbondante cena serale, un conto è per un musulmano che lavora in Europa con la schiena ricurva
sotto una serra a 50 o 60 gradi di temperatura a raccogliere pomodori o insalata, starsene tutto il giorno senza poter bere una goccia d’acqua.
Qui la religione è vissuta non come una marcia in più per l’uomo, ma c
ome una maledizione, come se un macigno di enormi proporzioni fosse stato posato
sulle nostre spalle per renderci la vita sempre più complicata.
Di una religione così, che ci chiede dei sacrifici senza senso e senza un perché, proprio non ne abbiamo bisogno.
Non la vogliamo una religione così.
Non è più un elevare la mente a Dio, ma è un elevare parolacce a Dio, per le condizioni inumane nelle quali ci costringe a vivere.
E invece non è Lui che ci impone queste regole assurde, ma siamo noi uomini, con la nostra interpretazione del cavolo che
non va a vedere il motivo e il perché di una certa usanza, che ci facciamo del male da soli e poi imprechiamo contro la volontà divina.
Che non c’entra niente.
Sempre per stare nella religione musulmana, ma ci sarebbero esempi a bizzeffe anche in quella cattolico cristiana, l’aver predicato per millenni
l’odio contro chi professa un’altra religione, e l’assoluta necessità di non derogare da certe usanze medioevali,
impedisce alle ragazze di fede musulmana e magari nate in Italia da famiglie da decenni qui trapiantate , di studiare la lingua italiana e
di frequentare o fidanzarsi con ragazzi italiani.
In questi ultimi mesi
due fatti di sangue hanno tristemente fatto tornare alla ribalta questa concezione erronea e retrograda della stessa religione musulmana.
Due papà, due brave persone e sicuramente due bravi lavoratori, amanti e orgogliosi della propria famiglia , hanno preferito
ammazzare in modo barbaro le loro figlie perché frequentavano o si erano
fidanzate con ragazzi italiani di religione diversa dalla musulmana ed anche perché esse avrebbero voluto vivere non più con le ferree regole medievali della loro religione, ma
avere gli stessi comportamenti delle loro amiche o colleghe di lavoro italiane.
Evidentemente questi padri di famiglia sono stati indottrinati a
concepire la religione non come un modo per vivere meglio la propria vita e quella dei propri familiari, ma
come un pesante macigno che una divinità che gode della sofferenza umana ha loro caricato sulle spalle
per una vita infelice di qua e magari peggiore di là.
Ma santo Iddio, o Allah, o Maometto, o Buddha, o come diavolo lo volete chiamare, non era meglio se quei due padri di famiglia invece che così religiosi,
fossero stati un po’ più atei?
Magari avessero vissuto la loro religione in modo un po’ più distaccato e un po’ più intelligente!
Oggi le loro figlie sarebbero ancora in vita, e loro, anziché in carcere, forse sarebbero a passeggio con dei nipotini.
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